Cosa Faremo Di Questo Amore – Intervista Gabriele Di Fronzo

Cosa Faremo Di Questo Amore – Intervista Gabriele Di Fronzo

Gabriele Di Fronzo, dopo la recensione di Cosa Faremo Di Questo Amore, ci concede un’intervista nella quale approfondiamo i temi trattati nel libro, ma non solo.

Non dai volutamente una “ricetta” per l’elaborazione del lutto amoroso. Nella letteratura possiamo davvero trovare degli efficaci palliativi?

È un farmaco, un medicamento che a volte ha il sapore dell’arsenico, altre ti porta sotto i binari di un treno. Ma può anche capitare che prescriva di evitare la rucola, come fa Ovidio, o ti suggerisca di diventare il miglior amico dell’amante di tua moglie o al contrario di uccidere quelli con cui ti ha tradito. C’è chi chiama con il nome della ragazza che l’ha lasciato la mosca che gli infesta casa e la rincorre con il giornale in mano e c’è chi non fa altro che pensare a cosa ora lei stia facendo, se abbia ancora quel lavoro e abiti tuttora lì. Uno assolda un investigatore privato per cercarla, l’altro prende appuntamento da un’ipnotista per dimenticarla. Compare, insomma, nei libri un infinito sciame di galatei privati e segreti con cui gli uomini e le donne si sono lasciati. Con questo libro ho passato in rassegna le tante varianti delle separazione amorosa in letteratura: sta a noi decidere cosa imparare, quando starne alla larga e quando al contrario imitarli.

Ho apprezzato molto, come unica eccezione ai riferimenti librari, il ricorso ai film di Truffaut e Tarkovskij. A parte l’ottima scelta, perché loro due, e non altri, del mondo del cinema?

Truffaut per la tenera ingenuità sentimentale che condivide con il protagonista del libro; di Tarkovskij ho citato il film Solaris, tratto dal romanzo di Stanislaw Lem, perché quella stazione spaziale che diventa un fantasmeto degli affetti scomparsi mi è sembrata un’immagine così simile a cosa capita a chi proprio non riesce a dimenticare la persona amata che invece fa capolino dietro ogni angolo.

La consapevolezza che tutto ha una scadenza, che gli amori precipitati abbiano delle ‘scatole nere’ come gli aerei, aiuta davvero a prendere le cose con filosofia ed accettare l’inevitabile?

Non ricordo chi abbia detto che leggere molti libri serve, tra le altre cose, a non fidarsi ciecamente dei libri e delle persone che li hanno letti. La letteratura può darci quello scetticismo che secondo me è una delle qualità più garbate e consigliabili dell’intelligenza. La diffidenza non è un atteggiamento ottuso, può anzi rivelarsi proficuo per riconoscere e conferire una maggior tenacia ad alcune convinzioni, ad alcuni legami.

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Il riferimento a ‘Specie di spazi’ di George Perec – scrittore che amo tantissimo – è stato fantastico. Condivi la sua visione, avuto riguardo agli spazi rimasti inabitati dall’assenza dopo una rottura?

In Specie di spazi Perec si domanda se non sia il caso di scrivere una biografia a partire dai letti in cui si è dormito. Io, al contrario ma evidentemente con lo stesso esito, mi chiedo se non sia più giusto che quella biografia di ciascuno di noi conteggi i letti in cui si è smesso di dormire. Arriviamo allo stesso elenco, alla medesima lista, ma l’innesco dell’uno è il capovolgimento malinconico dell’altro.

In senso più che positivo, dai sfoggio di una cultura enciclopedica in materia letteraria. Posso chiederti a che età hai iniziato a leggere assiduamente e cosa, in particolare?

Lettore ondivago, capriccioso, cannibale. Giorgio Manganelli definisce la biblioteca come “molte cose, strane, inquietanti cose; è un circo, una balera, una cerimonia, un incantesimo, una magheria, un viaggio per la terra, un viaggio al centro della terra, un viaggio per i cieli; è il silenzio, ed è una moltitudine di voci; è sussurro ed è urlo; è favola, è chiacchiera, è discorso delle cose ultime, è memoria, è riso, è profezia, soprattutto, è un infinito labirinto”. Non sono stato un lettore precoce, ma forse per questo presto sono diventato affamatissimo e pieno di ubbie.

Ho apprezzato tanto lo stile ed i modi in cui hai fornito al lettore tante chicche letterarie, senza risultare pesante e borioso. Dico davvero, come cui sei riuscito?

Cosa faremo di questo amore è un libro di libri, è un mio libro che fagocita tanti, tantissimi libri di altri autori e così prende vita. Ho provato a rispettato il mio come ho rispettato gli altri.

Come idea del libro, quanto ti sei ispirato, se lo hai fatto, a ‘Frammenti di discorso amoroso’ di Roland Barthes?

C’è Barthes, c’è Nicholson Baker, c’è Vila-Matas, ce ne sono tanti altri: alla fine ne è scaturito un ufo letterario che è per metà saggio e per metà romanzo, e una tranche è autobiografica e un’altra è d’invenzione.

Ultima domanda, la più sciocca di tutte, ma devo fartela. Rebecca è poi tornata?

Soltanto al lettore spetta scoprirlo. Potrei mai rovinargli il finale del libro?

COSA FAREMO DI QUESTO AMORE – EINAUDI – 2018

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