Mescolo Tutto – Intervista Yasmin Incretolli

Mescolo Tutto – Intervista Yasmin Incretolli

Yasmin Incretolli, dopo Mescolo Tutto, ci concede una vibrante intervista.

Questa incredibile vastità di vocaboli è un dono divino oppure una ricerca assennata?

Penso d’avere una predisposizione verso la parola e i suoi significati, sebbene in Mescolo Tutto ci sia stata una forte ricerca intorno al significante e alla musicalità del linguaggio. Le parole desuete utilizzate hanno, oltre che una giustificazione narratologica, una funzione stilistico-formale: quella di esprimere il travaglio di un’adolescente come Maria, che cerca un’altra lingua perché in quella che ha intorno, quella che parlano sua madre o i suoi compagni di scuola, riconosce la realtà che abita e disprezza. Per lei inventarsi un parlato è un modo per barricarsi dalla realtà stessa.

 

Per costruire il linguaggio di Maria, la protagonista di Mescolo Tutto, ti sei ispirata a qualche grande del passato oppure è venuto spontaneo insieme alla creazione del personaggio?

Si potrebbe dire che è un personaggio creato con un processo inverso. Fin da quando ho cominciato la stesura di Mescolo Tutto, una delle cose che sapevo di voler fare era creare un personaggio che si contraddistinguesse per il proprio linguaggio. Successivamente ho integrato l’autolesionismo e il disagio interiore che sono peculiari di Maria, di fatto come legittimazione di quella lingua estremizzata, che chiaramente, e questo l’ho compreso scrivendo, poteva calzare solo come sintomo d’un malessere.

 

Il dolore, fisico e mentale, di Maria è un male di denuncia sociale?

Non ho scritto il romanzo col preciso intento di fare denuncia sociale: ho cercato di rendere il testo il più possibile sincero, da cui emerga (auspicabilmente) in modo spontaneo anche la denuncia, così come qualunque riflessione che possa stimolare nel lettore. Tramite il sangue femminile, che in Occidente, nel 2016, è ancora un tabù, Maria sovverte la regola della perfezione, strumento attraverso cui la società maschilista forza psicologicamente le donne. Apre la pelle invece di vestirla o decorarla. Svolge su di sé un abbrutimento nella speranza più o meno conscia di svincolarsi dalle direttive sociali e dagli etichettamenti che vessano le ragazze della sua, e mia, età. Citando un’altra mia coetanea, l’artista Rupi Kaur, che l’anno scorso ha pubblicato su Instangram, non senza destare reazioni, una foto a ritrarla bocconi sul proprio letto, con i pantaloni sporchi di sangue mestruale: ‘‘in altre epoche il sangue era considerato sacro, in alcune civiltà lo è ancora. Ma la maggioranza delle persone, delle società fugge questa cosa, che invece è naturale. Molti sono più a proprio agio con la pornificazione e la sessualizzazione delle donne.’’ Difatti l’immagine ricevette un gran numero di segnalazioni e fu rimossa. La demonizzazione del sangue femminile mi interessa anche perché, viceversa, quello maschile viene invece interpretato come un segno di virilità: un uomo può utilizzare le proprie ferite per indicare pericolosità, o coraggio, ottenendo deferenza e glorificazione.

 

L’amore è un antidoto alla morte?

Magari un’attenuante? Sicuramente vale la pena morire per amore d’un ideale che c’è caro: bisogna vedere poi se si è in grado di farlo. In Mescolo Tutto invece l’amore rappresenta un bene perduto che vuole essere ritrovato. L’unico amore che Maria ha conosciuto è stato quello della nonna materna. Sebbene in realtà fosse forse fasullo pure quello, un modo impacciato di dare affetto e prendersi cura di qualcuno tramite l’ingozzamento. Alla scomparsa di questa figura, Maria si è ritrovata sola e allo sbaraglio in un ambiente, quello asfittico e desertificato a livello valoriale del suo quartiere di periferia, che l’aveva sempre respinta. Per questo alla fine si è ritrovata con un ragazzo come Chus: cercava amore e felicità ma come termini di paragone aveva solo esempi di manipolazione affettiva.

 

Invece, la cattiveria è una deformazione della disperazione?

Suppongo che una persona diventi cattiva quando, rimasta senza nulla, addossa tutte le colpe a terzi, passando magari prima per uno stato di paranoia. Altrettanto, chi ha tutto, molto spesso si permette gesti e azioni denigratori verso chi ha meno, senza rimorso, per il gusto più o meno conscio di spaventare ed esercitare potere, una finta onnipotenza, l’abuso che lo gratifichi, riposizionandolo al centro della scena. Durante l’infanzia, Maria si scontra spesso con compagni di scuola (e loro genitori) convinti che lei non meriti rispetto perché socioeconomicamente svantaggiata o addirittura “senza protettore” ovvero sprovvista d’una figura maschile che possa riscattare il suo onore, ponendola in una condizione di vulnerabilità molto pericolosa: logiche quasi tribali eppure ancora ben presenti nella nostra società.

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Quanto è stato difficile pubblicare un romanzo con un linguaggio particolare e dei temi molto scottanti?

Non ho grande esperienza di editoria, ma l’impressione è che in genere vengano preferiti romanzi con storie e stile più fruibili. Difatti prima della menzione speciale al Premio Italo Calvino avevo proposto il romanzo in giro, ricevendo solo rifiuti dalle case editrici, giustificati – quando arrivava una spiegazione, ovviamente – dalla poca commercialità del testo, appunto, e anche dopo ho avuto offerte da parte di editori che però volevano cambiare tutto, ‘‘normalizzando’’ il romanzo nella lingua e nella struttura. Alla fine, grazie alla menzione e alla pubblicazione di un estratto sull’Indice dei Libri del Mese, libro è stato selezionato da Vanni Santoni, curatore della narrativa Tunué. Ho accettato sopratutto perché prometteva di rispettare la natura sperimentale dell’opera. Ero scoraggiata a causa d’offerte ricevute in precedenza, da parte di editori che richiedevano un’editing troppo invasivo. Posso quindi considerarmi molto fortunata, capita spesso che libri fuori dai canoni rimangano inediti, ed esordire a ventidue anni in una collana come i Romanzi Tunué è un privilegio.

 

A volte il lettore è scandalizzato durante la lettura di Mescolo Tutto, ti riesce molto bene di scavare nell’intimità altrui, è una tua ambizione come scrittrice? Ti piace provocare il pubblico?

Mi piaceva l’idea di proporre un romanzo che fosse anche pornografico (come del resto, e direi giustamente, è stato definito), nel quale però la protagonista si concede a continue umiliazioni sessuali non per gusto ma perché socialmente costretta: Maria accetta le depravazioni, e anche le violenze, del suo compagno di classe perché eccitata dall’idea d’essere parte integrante d’una coppia, non perché guidata da pulsioni parafiliche. Questo è un dato centrale in Mescolo Tutto. Un amore insano, come del resto se ne vedono, dove la donna per tutelare la coppia accetta una posizione subordinata.

 

Cosa faresti per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi quotidiani delle donne in difficoltà?

Ovviamente ho un forte interesse verso queste problematiche ma non sono un’addetta ai lavori, e credo che si scriva un romanzo anzitutto per raccontare una storia, un contesto. Per quanto mi riguarda, e premettendo che non sono un’addetta ai lavori, credo sia opportuna una dialettica maggiore fra le associazioni e istituzioni. Vista la pochissima importanza che viene data all’istruzione emotiva – e l’assenza di educazione sentimentale è l’humus in cui può nascere la cosiddetta ‘‘teen dating violence’’ – sono particolarmente importanti gli incontri nelle scuole; è inoltre essenziale garantire i fondi per i centri anti violenza, così da evitare circostanze come quelle accadute recentemente a Napoli con la chiusura dell’unica casa per donne maltrattate. Bisognerebbe investire su centri per uomini maltrattanti, introdurre trattamenti mirati nelle carceri, insomma c’è molta strada da fare per combattere la mattanza (quest’anno sono stati già commessi almeno 59 femminicidi). Ampliando il discorso alla condizione femminile in generale, vedo con favore anche l’approccio, tenuto nei paesi scandinavi e da quest’anno anche in Francia, di criminalizzazione del cliente delle prostitute, stigmatizzarlo socialmente. La posta in gioco è il ribaltamento del punto di vista. Ma si potrebbe continuare all’infinito, vogliamo parlare dell’utilizzo del corpo della donna in pubblicità? Del fatto che le legislazioni sulla parità, anche quando ci sono, spesso non vengono rispettate? Di stereotipi lavorativi, come quelli che vogliono determinati mestieri, come la badante o la donna – appunto – delle pulizie una prerogativa femminile? Degli stipendi delle donne? Della pornografia ?

 

Sei già all’opera con qualche nuovo scritto? Possiamo avere qualche anticipazione per i lettori di rocknread.it?

Ho scritto Mescolo Tutto a diciannove anni, nel frattempo ho chiaramente lavorato ad altro. Però adesso non me la sento di parlarne. È ancora tutto in fase di lavorazione e ovviamente pubblicare un libro, editarlo, rifletterci a posteriori, porta a riconsiderare anche quello che si è scritto nel frattempo e dà una direzione nuova a quello che si scriverà.

MESCOLO TUTTO – TUNUE – 2016

La recensione di Mescolo Tutto è qui.

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