Milano Di Carta – Intervista Michele Turazzi

Milano Di Carta – Intervista Michele Turazzi

Michele Turazzi, dopo la recensione di Milano Di Carta, ci spiega la genesi di questa particolare guida e ci racconta tanto altro, dentro e fuori Milano.

Com’è nata l’idea di Milano Di Carta?

Milano Di Carta unisce due tra i miei più grandi interessi – la letteratura e Milano – a quello che considero il modo privilegiato per andare alla scoperta di una città: passeggiare. Scrivere una “guida letteraria” era quindi un’idea che mi ronzava in testa da molto, e che è andata affinandosi anno dopo anno: dal 2014, quando ho pubblicato un articolo su Studio, al 2017, quando a Book Pride ho incontrato gli editori del Palindromo, che avevano da poco lanciato una collana dedicata proprio a quello che avevo in mente – guide letterarie di città italiane –, fino ad arrivare al mese scorso, quando Milano Di Carta è finalmente arrivata in libreria.

È stato semplice reperire il materiale?

Non è stato particolarmente difficile reperire il materiale, però è stato complesso selezionarlo. Ci ho messo un bel po’ di tempo, perché mi sono servito delle fonti più disparate: dai saggi di critica letteraria, alle fotografie d’epoca, dalle mappe catastali ai libri di memorie. Il fatto poi che ogni capitolo di Milano di carta segua uno scrittore, un percorso e un’epoca storica differenti, configurandosi come un insieme autosufficiente, ha fatto sì che ogni dieci, quindici pagine dovessi ripartire da capo con nuove ricerche.

Come hai gestito la costruzione di questa specialissima guida?

Prima isolavo, tra le pagine dell’autore di riferimento, quegli estratti in cui Milano usciva con più forza, cercando di unirli in un percorso urbanistico coerente. Poi, uscivo di casa e mi mettevo a passeggiare per quelle vie, prendendo appunti in modo disordinato su ciò che vedevo. Infine, mi chiudevo in biblioteca a fare ricerche sullo scrittore, sul quartiere, sulle mutazioni della città. Soltanto alla fine di questo processo, mi mettevo davanti al foglio bianco e iniziavo a scrivere. Ho utilizzato questo procedimento per ciascuno dei dieci capitoli.

Quali sono state le difficoltà?

La maggiore è stata ricercare una via di mezzo tra approfondimento e leggibilità, tra precisione saggistica e divagazioni narrative.

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Qual è il luogo che ti ha stimolato di più?

Difficile parlare soltanto di un luogo. Per ragioni affettive, potrei dire piazza Leonardo da Vinci, «un placido, periferico deserto», dove «si poteva amare ancora Milano», per usare le parole di Duca Lamberti, il protagonista dei noir di Giorgio Scerbanenco.

E, in tutta franchezza, quale invece meno?

Ecco, questa è una domanda ancora più difficile. La cosa bella di immaginare una guida letteraria è che ogni luogo non esiste soltanto come luogo in sé, ma si carica di significati stratificati: la Milano attuale interagisce con la Milano raccontata sulla pagina, che a sua volta interagisce con la Milano dell’epoca storica descritta. Affrontando la città in questo modo, è difficile non trovare stimoli ovunque, anche nelle vie più battute dai turisti e quindi, in un certo senso, banali.

Pensi che ogni città potrebbe avere una “guida di carta”?

Sicuramente sì, tutto sta nel trovare la chiave giusta per raccontarla. E la collana “città di carta” si propone proprio questo obiettivo: Milano Di Carta si è andata ad affiancare a Palermo, Catania e Roma, e tra non molto verrà raggiunta da altri luoghi ancora.

Ora che è uscita Milano Di Carta, la città la vedi diversamente?

Diciamo che il cambiamento maggiore è stato quello di non leggere, per qualche mese almeno, libri ambientati a Milano…

Nuovi progetti? Cosa ti riserva il futuro? 

Nell’immediato, riprenderò a lavorare dietro le quinte dell’editoria, in favore degli scrittori, come ho sempre fatto.

MILANO DI CARTA – IL PALINDROMO – 2018

 

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