Recensione di 4 3 2 1 – Paul Auster

Recensione di 4 3 2 1 – Paul Auster

4 3 2 1, una citazione:

“A Ferguson non dispiaceva discutere con lei, non gli interessavano le svampite, le stupidelle con il broncio attente solo alle non meglio identificate formalità dell’amore, quello era amore vero, così complesso, profondo e duttile da reggere anche le contese appassionate, e come poteva non amare quella ragazza, il suo implacabile sguardo indagatore e la risata enorme, tonante, l’ipersensibile e intrepida Amy Schneiderman, che un giorno sarebbe stata un’inviata di guerra o una rivoluzionaria o un medico che lavorava tra i poveri.”

Cosa sarebbe stato della nostra vita se invece di quella scelta ne avessimo fatta un’altra?

4 3 2 1 è il romanzo di tutte le vite di Archie Ferguson, quella che ha avuto e quelle che avrebbe potuto avere, secondo il meccanismo delle sliding doors.

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Figlio di Stanley e Rose e nipote di emigrati ebrei, nato nel New Jersey un certo giorno del 1947, proprio come Auster, Archie vive quattro possibili vite, le cui reciproche diversità dipendono ab initio dal successo lavorativo di papà Ferguson.

I quattro Archie sono fortemente diversi fra di loro e avranno destini assai differenti pur tuttavia con alcune costanti, come la presenza e l’influenza ossessiva, anche se in vesti diverse, del doppio femminile Amy Schneiderman («L’indispensabile altro che abitava nella sua pelle»), l’amore per la parola e la scrittura, la rilevanza della figura materna, elementi questi che costituiscono il trait d’union delle quattro diverse identità nonché il banco di prova delle loro scelte.

Auster si diverte con la narrazione sfidando le sinapsi del lettore, perché nel libro abbiamo quattro trame parallele, ognuna associata a un numero da 1 a 4, nonché cinque differenti modalità di lettura.

Una lettura lineare dell’opera restituisce le quattro esperienze del protagonista per blocchi cronologici paralleli. Una quinta opzione di lettura consente invece di leggere singolarmente le storie dei diversi Archie. Procedendo a balzi in avanti nella consultazione delle pagine, seguendo la corrispondente numerazione dei capitoli.

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Un romanzo circolare. Caratterizzato dalla brillante e incredibilmente ricca prosa di Auster, nel quale si osservano da uno spioncino anche le crisi e i momenti salienti della storia recente statunitense. Dall’omicidio Kennedy al Vietnam, dalle questioni razziali alla caccia alle streghe del Maccartismo, il tutto visto attraverso le (dis)avventure di una famiglia di emigrati.

Ciò che viene raccontata è la “banalità” della vita, tratteggiando i tanti, diversi, personaggi e come essi reagiscono alle catastrofi – incendi di negozi in cui si è investito tutto, fratelli che truffano fratelli, l’adorata fidanzata che bacia un altro – che il fato pone loro di fronte.

Paul Auster è uno scrittore esistenziale, che ha fatto dell’esistenza, e dei suoi paradossi, il punto focale della propria letteratura.

Quando un settantenne maestro della letteratura contemporanea americana, che non pubblica dal 2010, dà alle stampe un’opera monumentale, la domanda che ci si pone è inevitabilmente se tale tomo non possa costituirne il testamento letterario.

Ma 4 3 2 1 è piuttosto un libro magnifico sui bivi del destino. Sull’identità e sulla giovinezza. Con un giusto pizzico di malinconia ripensando ai valori e ideali che si sono ormai persi.

939 pagine e un chilo e mezzo di peso (pesato personalmente sulla bilancia di casa).

Sembra un’enormità, ma 4 3 2 1 contiene quattro percorsi. Gli anni cruciali della storia recente americana e tutta la maestria di un artista della parola come Auster.

Scusate se è poco.

4 3 2 1 – EINAUDI – 2017

 

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