Gente Di Dublino. Proprio lei…la vecchia e sporca Dublino!
James Joyce non fa sconti. Attraverso i suoi quindici racconti dipinge a grandi pennellate la sua città d’origine. Lo fa con poco colore, con tanti grigi. Lo fa con tante sfumature, a tratti difficili da percepire.
Dublino sembra quasi paralizzata. Così come gli attori in scena nella capitale irlandese. I personaggi che la popolano, che la vivono, che la sfruttano, sembrano quasi intrappolati in un destino vuoto. Una sorte quasi insignificante, un’esistenza letteralmente inconcludente.
L’uggiosa Dublino è ferma: “Non si poteva fare nulla a Dublino. Mentre attraversava il Grattan Bridge volse uno sguardo alle sponde più basse del fiume e provò un senso di pena per le povere case dalle facciate striminzite. Gli parevano un branco di vagabondi ammucchiati lungo le banchine del fiume…”
In Gente Di Dublino il quadro descritto non concede repliche. La monotonia è imperante. La violenza non risparmia nessuno. È ovunque, nelle strade, in famiglia. La miseria pervade nella società e l’alcool scorre a fiumi. Birra, vino, whiskey. Tutto scorre per sfuggire a questa sorte di piattezza, l’alcool domina la scena per combattere l’inutilità del tempo.
D’altra parte, Dublino di fine ‘800 sta per esplodere. I cugini inglesi sono visti ormai con una certa riluttanza, il risveglio della coscienza nazionale deve attendere solo qualche anno. Il 1916, in fondo, non è così lontano. Il General Post Office in fiamme sarà il simbolo di questo sentimento.
L’Irlanda di Joyce risorgerà presto dalle ceneri. Grazie ai suoi patrioti, ai suoi re senza corona: “E possa Erin quel giorno in piena gloria levare alto nella coppa del giubilo un sol dolore: di Parnell la memoria.”
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Attraverso i suoi racconti l’autore irlandese ripercorre tutte le fasi dell’esistenza terrena. Infanzia, adolescenza, età adulta, morte. Tutte contraddistinte da un comun denominatore: l’immobilismo. La via di fuga è possibile, si può toccare con mano. Ma non viene intrapresa per responsabilità dirette o per cause sopraggiunte improvvisamente.
La società è immorale, malata. In altre parole, è marcia: “…viviamo in un’epoca scettica, in un’epoca, se mi consentite la citazione, di pensieri tormentosi, e temo talvolta che questa nuova generazione, istruita e iperistruita, manchi di quelle doti di umanità, di ospitalità, di spirito gentile che erano proprie dei temi andati.”
Gente Di Dublino è un gioiello della letteratura contemporanea.
La scrittura è diretta, semplice, lineare. Il suo vero intento è far passare il messaggio in maniera istantanea, senza fronzoli o sentimentalismi inutili.
Lo scetticismo verso questa nuova società è evidente sin dalle prime battute del romanzo. James Joyce grida al mondo intero la sua irritazione, la sua avversione. La sua insofferenza.
Ha veramente senso vivere intrappolati in un destino così mediocre?
“…un uomo suonava l’arpa in mezzo alla strada, davanti a una cerchia di persone. Pizzicava incurante le sue corde, lanciando ogni tanto una rapida occhiata ai nuovi venuti e alzando lo sguardo al cielo con aria stanca. E anche l’arpa, incurante della custodia scivolata ai suoi piedi, pareva stanca sia degli occhi estranei che delle dita del suo padrone.”
GENTE DI DUBLINO – FELTRINELLI – 2013
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