Il Volo di Horacio Verbitsky è una delle inchieste giornalistiche che meglio spiega la dittatura argentina nel profondo della sua aberrazione (1976 -1983). Nel 1995 primo anno di pubblicazione squarciò letteralmente il velo del silenzio che aveva avvolto il paese.
Per l’impatto avuto sull’opinione pubblica e per i risvolti giuridici Il Volo segna un momento di svolta nella coscienza nazionale e internazionale.
Gli anni dal 1976 al 1983 hanno visto l’instaurarsi e il consolidarsi di uno dei regimi politici più sanguinari e repressivi del continente sud americano. Le forze armate ne diressero la pianificazione e ammaestrarono le coscienze con sparizioni forzate, con la fine di ogni forma di democrazia, con una violenza inaudita e una coercizione psicologica senza precedenti. Aviazione, Marina Militare ed Esercito portarono il paese all’inferno e si resero complici di aver fatto sparire, senza dare loro alcuna dignità, ben 30.000 vittime e senza alcuna risposta per le loro famiglie.
Seguirono alla fine della dittatura gli anni della cosiddetta “transizione democratica”. Una fase complessa caratterizzata dall’inizio dei processi contro i crimini dei militari e dalla promulgazione di leggi per favorire la pacificazione nazionale. Dalla fine degli anni’80 inizia a circolare nei tribunali, sempre di più, la parola desaparecidos, scomparsi appunto, non morti e non vivi. E sempre di più il suo eco è forte. Nel solco tracciato da questi nuovi equilibri, fortemente precari, si definisce il Volo.
Il testo è una lunga “intervista-confessione” del giornalista Horacio Verbitsky al capitano di corvetta Adolfo Francisco Scilingo, ex membro dell’apparato repressivo militare. Per la prima volta, dopo più di dieci anni dal tracollo “della tirannia dei soldati”, qualcuno ammette e riconosce l’organizzazione capillare messa in piedi dall’alleanza dei tre ordini militari che aveva avuto lo scopo di rapire, detenere, torturare, uccidere e far sparire persone. Prevedeva l’annientamento totale del presunto “nemico” con un disprezzo totale della vita, affine solo ai nazisti. Utilizzando i mezzi più atroci, tra cui il lancio di esseri umani vivi, dopo essere stati narcotizzati, da aeroplani militari in volo.
«”Sono stato all’Esma. Le voglio parlare”, disse abbordandomi in metropolitana… gli risposi con una frase comprensiva per quello che aveva sofferto. “No. Ha capito male. Io” chiarì, “sono compagno di Rolón.” Dunque non era vittima era carnefice.»
Scilingo risponde alle domande portando alla luce la verità. La verità più sconvolgente e scomoda mai ascoltata. Tanto che il Volo divenne in fase di processo una prova fondante per i capi d’accusa. Una verità negata per anni dagli apparati politici della dittatura, che minimizzava e contestualizzava la scia di morte come lotta al terrorismo.
Per la prima volta un appartenente a quel sistema confessa. E lo fa perché tormentato, disilluso, consapevole che la scusante, costruita a tavolino, della lotta al nemico interno per la stabilizzazione del paese non poteva essere “il fine che giustifica i mezzi”. Emerge tutto: il metodo utilizzato, la collusione dei medici e della Chiesa. Di come i prigionieri venivano sedati, denudati e accatastati nell’aereo come fossero cose e buttati giù uno a uno durante i voli della morte. Una guerra sporca.
Verbitsky mantiene uno stile asciutto, lineare, preciso. Non cede mai alla rabbia, al giudizio. Ha una grande capacità di entrare nella rigida psiche di Scilingo e, pagina dopo pagina, di mirare alla ricostruzione più potente mai fatta.
«Ogni tentativo di annullare il passato, di far scomparire le sue tracce, lascerà dietro di sé una terribile e leggera debolezza, comporterà l’assenza di prospettive, un continuo girare a vuoto intorno a un presente immemore, istantaneo, senza tempo, senza essere, senza la possibilità di capire il proprio divenire.»
Questo libro va letto perché per citare Ariel Dorfman è “un libro storico. Leggetelo e pregate che non accada mai più”. Se volete lo trovate QUI.
IL VOLO – FANDANGO LIBRI – 2017
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