Irlanda, Calcio E Rivoluzione. Identità e senso di appartenenza, voglia di libertà.
Uno sport come il calcio può significare molto, più di quanto si pensi. Può segnare la strada per fuggire dalle difficoltà, può rappresentare lo strumento per riconoscersi. Per urlare al mondo la propria appartenenza, il legame indissolubile con il proprio territorio.
Un po’ quello che è successo in Irlanda. Quello che non si può ignorare in Irlanda, soprattutto quella su a nord.
Il calcio è passione, è sentimento, è un vincolo quasi di sangue. Lo sa chi indossa gli scarpini, lo sa chi occupa le gradinate di uno stadio di periferia, lo sa chi continua a combattere per un briciolo di libertà. Per qualcosa di sacrosanto, per quella giustizia che fatica ad insediarsi nell’isola verde.
L’assurda politica colonizzatrice dell’impero britannico e i vergognosi soprusi perpetrati dall’esercito di sua maestà e dalla comunità unionista ai danni della gente d’Irlanda ha stimolato quell’inevitabile moto di orgoglio che ha trovato nel calcio terreno assai fertile.
Il Derry City F.C. nella città del triste Bloody Sunday, il Belfast Celtic F.C. in quella di Bobby Sands: “questo sport non distoglie l’attenzione ma partecipa direttamente nella realtà con forte impegno politico e soprattutto plasma un riconoscimento identitario che fa acquisire a chi lo condivide o vi assiste una grandiosa funzione terapeutica.”
Le “Candy Stripes” hanno incarnato fin dalle origini lo spirito della comunità nazionalità di Derry, la maglia a strisce bianco rosse è una seconda pelle da ostentare orgogliosamente in faccia ai prepotenti, a chi ha fatto della violenza e delle angherie il proprio modus operandi. Quando è stato possibile ha rappresentato il senso di rivalsa, la strada non tortuosa dove finalmente è stato possibile gridare al mondo quella missione chiamata Irlanda: “Il Bogside e altri quartieri della comunità repubblicana erano in festa perché per alcuni giorni problemi come la disoccupazione, la povertà, l’alcolismo, l’apartheid che li massacrava ogni giorno non contarono…”
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Oltre alla “Perfida albione”, oltre al reggimento dei paracadutisti dell’esercito britannico, oltre al royal ulster constabulary, la gente di Derry e di Belfast ha dovuto quotidianamente fare i conti con i vicini, quelli “dell’altra parte”. Gli unionisti, i cugini quasi della porta accanto, quelli che ripudiano il verde bianco e l’arancio, quelli che sono andati per secoli a braccetto con chi ha portato avanti politiche discriminatorie e razziste nei confronti degli irlandesi e di tutta l’isola: “il Paese più barbaro della cristianità, un deserto dove regnano il freddo, gli affanni e la miseria.”
Anche loro non hanno perso tempo e hanno riversato nel calcio quel sentimento divisorio che Guglielmo d’Orange e seguaci sono riusciti scrupolosamente a divulgare. Il Linfield FC, a Belfast, ne è una prova tangibile. La tifoseria dei blues rappresenta tutt’ora il nemico calcistico e non solo per chi ha cuore le sorti della terra dei Celti.
Ma si sa, uno sport come il calcio può significare molto, più di quanto si pensi.
Irlanda, Calcio E Rivoluzione è senza dubbio qualcosa di estremamente completo. Analizza minuziosamente le vicende storiche che hanno condotto l’Irlanda nel vicolo cieco della segregazione politica e sociale, traghetta fedelmente il lettore nel contraddittorio universo socio-politico del nord del paese. Un saggio per tutti, per gli appassionati e per chi si affaccia per la prima volta storicamente al conflitto irlandese.
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Complimenti all’autrice Greta Selvestrel per la passione con la quale ha confezionato questo lavoro, qualcosa che non fatica a manifestarsi pagina dopo pagina.
l’Irlanda ti rimane dentro, è quel sentimento che ti catapulta in un mondo fatto di amore e sofferenza, è quel desiderio di libertà che non possono stroncare. A volte, come il calcio.
“…quello di correre in direzione ostinata e contraria, che sia su un campo di calcio o nel bel mezzo di prati e colline, è un bisogno introspettivo urgente e necessario che lega a livello universale tutti gli strikers disobbedienti, in particolare quelli irlandesi.”
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