La Colonia. Una tranquilla isola dell’Ovest Irlanda.
In questa parte di terra tutto si è fermato, in questo minuscolo angolo di mondo la vita va avanti senza sussulti, si trascina via al ritmo del mare. A volte lentamente, a tratti impetuosamente.
Il tempo pare si sia fermato. Le usanze e le tradizioni resistono, si tengono aggrappate con le unghie e con i denti a quegli scogli ultra millenari che abitano imperturbabilmente l’Oceano Atlantico. Quelle usanze e quelle tradizioni che lottano, che si difendono dalle sirene della modernità e del finto progresso.
L’isola è lunga appena tre miglia e la gente che la popola è sempre la stessa. È la sua gente.
Questo caos calmo sta forse per deteriorarsi, questa felice monotonia si sta forse per spezzare.
È estate, tempo di temporanei cambiamenti e di scossoni a tempo determinato. Tempo di turisti, di quei pochissimi turisti. È il momento del signor Lloyd e di Jean-Pierre Masson. Due personalità agli antipodi, due sconosciuti che non si conosceranno mai. Che non vorranno mai conoscersi e comprendersi fino in fondo.
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Ma anche è anche l’isola di Bean Uí Fhloinn, di Mairèad, di Micheàl, di Francis. E di James. È soprattutto la loro isola.
L’arrivo dei due visitatori è il fulmine a ciel sereno che squarcerà l’innocente cielo dell’isola. Lloyd, il pittore inglese. Masson, il linguista francese. Due visite diverse, due obiettivi distanti.
Lloyd è inglese. È un pittore in cerca di riscatto, è l’artista che vuole dimostrare a sua moglie che lui è vivo più che mai. Quale paesaggio migliore se non la selvaggia Irlanda per dare prova delle sue capacità: “Cosa la porta da queste parti signor Lloyd? Le scogliere. Non avete scogliere in Inghilterra? Non come queste.”
Masson è francese. È un linguista con un’infanzia tutt’altro che facile che sta per completare la sua tesi di dottorato. L’antica lingua irlandese, il gaelico, è il dogma da difendere a tutti i costi, l’isola della costa Ovest è il laboratorio dove studiare e dimostrarne l’immortalità: “…eccoti qui, Bean Uí Fhloinn, che li sfidi con la tua presenza, con il tuo modo di parlare, non vuoi adattarti a questa invasione inglese, e rifiuti di infarcire la tua lingua con quest’altra lingua per sentirti più importante, perché tu sai già quanto sei importante per la lingua, per l’isola, per me…”
L’attrito è immediato, i contrasti si fanno sempre più forti, la distanza tra i due è insanabile. Il cinismo del pittore inglese non può andare a braccetto con il romanticismo del linguista francese. La lingua irlandese è roba superata, arcaica, un ostacolo per il progresso della loro civiltà. Lloyd non fa sconti. Per Masson è guerra aperta. La lingua inglese sta contaminando la purezza dell’isola, sta ancora una volta imponendo la propria prepotenza: “Avete sempre odiato questa lingua, disse Masson. Vi siete sentiti minacciati. La sua gente l’ha voluta annichilire. Con ferocia.”
È una questione linguistica o un dibattito storico/politico? È sicuramente qualcosa di ancora attuale: “Dopo tutto quello che abbiamo fatto per questo Paese? Disse Lloyd. Dopo tutto quello che avete fatto a questo Paese.”
In questo scontro senza esclusioni di colpi c’è James. Sèamus per i puristi dell’isola. L’adolescente, figlio di Mairèad e nipote di Bean Uí Fhloinn. Il ragazzo volenteroso figlio di Liam, il pescatore che non c’è più, tradito fatalmente dalle acque amiche.
James fa da mediatore tra i due forestieri, strizzando a poco a poco l’occhio al pittore inglese. Il ragazzo irlandese scopre la passione per la pittura, mettendo a nudo la sua anima, ridisegnando il suo avvenire con tinte forti.
In La Colonia la situazione presto precipita. James si allontana progressivamente dalla sua famiglia. Mairèad si divide tra l’amore segreto per Masson e il ruolo di musa ispiratrice per Lloyd. La saggia Bean Uí Fhloinn cerca di resistere ma è travolta dagli eventi. Un po’ come tutta l’isola.
L’estate sta finendo e la partenza dei due è vicina. Forse ci sarà un altro addio. James è stufo di questa quotidianità, si sente intrappolato in un passato troppo stretto e un futuro già scritto. Londra è il sogno, la pittura è la sua fuga verso la felicità. Verso la libertà.
Lloyd accantonerà per una volta il suo egoismo per far spazio alla voglia di indipendenza del ragazzo irlandese? Masson riuscirà nell’intento di mettere in salvo l’autenticità della lingua irlandese? L’intera isola sarà in grado di scacciare i fantasmi del passato?
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La Colonia è un romanzo che lascia il segno. Dietro una trama apparentemente semplice si nasconde qualcosa di molto profondo. I sentimenti escono impetuosi, così come è facile percepire l’interiorità dei protagonisti.
Impossibile non fare i complimenti alla scrittrice irlandese Audrey Magee. Inserire un romanzo ambientato in un’isola a prima vista sperduta in un contesto così storicamente significativo come quello del conflitto nordirlandese, è una nota di merito non indifferente. I suoi continui rimandi ai Troubles permettono al lettore di viaggiare verso un unico binario. Quello della riflessione. Quello della verità. Quell’unico binario dove confluiscono paure, interrogativi, certezze, sogni. E disillusioni.
“James camminò a grandi falcate per l’isola mormorando, borbottando, imprecando, tirando calci all’erba: era la mia idea, signor Lloyd, era mia e lei me l’ha rubata, me l’ha rubata per spacciarla per sua.”
Sèamus, mai fidarsi di un inglese. No?
LA COLONIA – BOLLATI BORINGHIERI – 2023
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