Mi Chiamavano Piccolo Fallimento di Gary Shteyngart, una citazione:
“1979. Arrivare in America dopo un’infanzia passata in Unione Sovietica equivale a precipitare da un dirupo monocromatico e atterrare in una pozza di Technicolor puro.”
Dalla Terra dei Soviet all’American Dream. Si potrebbe banalmente riassumere così Mi Chiamavano Piccolo Fallimento di Igor (il vero nome, americanizzato in Gary) Shteyngart, che arriva bambino di 7 anni a New York da Leningrado. Approfittando di una fuoriuscita di ebrei russi favorita da Carter, sennonché di banale il suo libro ha ben poco.
Gary, giudicato dal New Yorker come uno dei migliori autori americani under 40, srotola il filo dei suoi ricordi e della sua bislacca famiglia con uno stile unico, che fa sorridere ma anche immalinconire.
Un atlante sovietico liso, nonna Galja, Mama e Papa, il suo primo libro ancora imberbe “Lenin e la sua oca magica”, vecchie foto, racconti di guerra, oggetti di gioco e di riflessione, il “divano della cultura”, a Leningrado, dove un bambino malaticcio (asma) e curioso si informava e leggeva su un mondo che ancora non poteva conoscere.
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Il diario di un “piccolo fallimento” – failursčka, come lo etichetta la madre con un splendido neologismo, ponte fra le due opposte culture – è il racconto di una infanzia e di una adolescenza costellate da piccoli e grandi insuccessi. E delle difficoltà di inserimento in un mondo nuovo, che presenta tradizioni, società, lingua totalmente diversi.
Tutto raccontato con un inconfondibile umorismo yiddish, una sensibilità russa ed un ritmo svelto delle commedie slapstick americane.
Ma il figlio della “terra del latte e del miele” troverà il suo riscatto, non diventando un avvocato come agognato dai suoi, ma attraverso la scrittura.
Mi chiamavano piccolo fallimento è un libro che usa un linguaggio leggero per descrivere, con molta autoironia, stati d’animo complessi e la difficoltà di diventare adulti. Facendo prima o poi pace con le contraddizioni che rendono magnificamente imperfetti tutti noi umani. E i bambini/adolescenti, talvolta disastrosi, che siamo stati.
Mi Chiamavano Piccolo Fallimento è un viaggio nell’Absurdistan – utilizzando un altro libro di successo di Gary Shteyngart – per il quale non servono, non ancora, valigie o passaporto.
MI CHIAMAVANO PICCOLO FALLIMENTO – GUANDA – 2013
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