Nomadi, una citazione:
“La parola nomad era così poco usata nel XVIII secolo da non essere reputata meritevole di essere inclusa nel primo dizionario inglese. Che cosa era successo tra l’ascesa dei Mongoli e l’età della Ragione? Come erano scomparsi i nomadi? Che cosa li aveva resi del tutto irrilevanti?”
Gli esseri umani hanno vissuto spostandosi da un luogo all’altro per la maggior parte della loro storia.
Hanno continuato a progredire in movimento anche dopo essere diventati stanziali e aver fondato grandi città come Uruk, Babilonia, Roma o Chang’an (oggi Xian).
Eppure le pagine ufficiali della Storia tendono a escludere i nomadi, salvo qualche riferimento quando il loro peregrinare viene a cozzare contro le società stanziali.
Nomadi è la storia, finora mai scritta, della civiltà raccontata attraverso le vicende di coloro che ne sembrano estranei.
Proprio a loro si devono i grandi monumenti in pietra prima che si erigessero le piramidi; i migranti addomesticarono il cavallo, modellarono l’arco soprattutto per sfamarsi, combatterono contro i Greci e affrettarono la caduta dell’Impero romano.
Diedero grande impulso alla poesia e alla narrazione e furono sempre più sensibili degli stanziali al rispetto del mondo naturale.
Multiculturali per definizione, i migranti furono più tolleranti in campo religioso, favorirono lo sviluppo dei commerci e contribuirono alla fioritura culturale dell’Eurasia.
Dalla rivoluzione neolitica al XXI secolo, passando per l’ascesa e caduta di Roma, i grandi imperi nomadi degli Arabi e dei Mongoli, i Moghul e lo sviluppo della Via della Seta, Nomadi esplora le relazioni spesso turbolente tra società sedentarie e mobili e il loro reciproco contrappeso, fornendo una visione circolare della civiltà umana.
Esplorando la biologia evolutiva e la psicologia dell’umana irrequietezza, Anthony Sattin ridisegna così il ruolo del nomadismo dalla Bibbia fino al suo declino e alla sua demonizzazione attuale.
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Anthony Sattin è un giornalista e storico britannico che ai popoli nomadi di Asia e Africa ha dedicato anni di studio, realizzando libri e reportage televisivi.
Sattin ci regala un libro meraviglioso, in cui l’ombra di Bruce Chatwin – teorico dell’alternativa nomade alla sedentarietà contemporanea – riaffiora prepotentemente.
Nomadi mischia abilmente letteratura di viaggio, storia, antropologia e geografia politica. Un saggio che traccia dodicimila anni di storia dei nomadi.
All’epoca della rivoluzione neolitica, con il passaggio da un’economia di caccia e raccolta a quella agricola, si colloca l’omicidio del pastore Abele da parte di Caino l’agricoltore.
Si definisce così quella dicotomia che divide l’umanità tra stanziali e nomadi.
Ma è un fatto che i più vasti e potenti imperi della storia, almeno fino all’avvento dell’età moderna, siano stati quelli del Medio Oriente e dell’Asia centrale.
Imperi in cui dominavano unni, arabi, mongoli, turcomanni, tutti popoli nomadi o seminomadi che basavano la loro potenza militare e culturale sulla capacità di superare velocemente enormi distanze, veicolando guerre ma anche favorendo l’incontro tra lingue, religioni, culture diverse.
I popoli nomadi hanno avuto poi la grande capacità di alimentare fortissimi legami comunitari, così ogni compagine sociale – grande o piccola che fosse – veniva tenuta insieme dalla forza dell’asabiyya, parola araba che vuole indicare «una condizione gioiosa, un sentimento di comunanza, uno spirito di corpo, una solidarietà tribale».
Proprio quello spirito, quella condizione e quella comunanza che noi stanziali sembriamo aver perso.
Ed è un vero peccato.
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