Paradiso di Michele Masneri – Recensione


Paradiso Recensioni

Paradiso, una citazione:

“Questi vogliono fà lo schwa, in un paese che non ha mai saputo neanche scrivere giusto sauté di cozze.”

Federico Desideri, giovane giornalista di belle speranze ma di scarse soddisfazioni, riceve dal direttore della rivista «di nicchia» con cui collabora l’incarico di andare a Roma a intervistare un famoso regista, autore di un film di strepitoso successo al centro del quale giganteggia un memorabile, fascinoso cialtrone.

Federico scoprirà ben presto che il regista è latitante, ma in compenso, nel corso di una serata mondana, gli verrà indicato colui che di quel personaggio si dice sia stato il modello: Barry Volpicelli.

Sorta di psicopompo a metà strada tra un pifferaio magico e il Bruno Cortona del Sorpasso, Barry condurrà Federico in un luogo incantato.

Questo è il Paradiso, immenso compound di ville e bungalow sgarrupati sul litorale laziale, dove vive in compagnia di un ristretto gruppo di vecchi freak amabili e strampalati.

Un ambasciatore che accumula prodotti di discount, un ginecologo a riposo che alleva galline ornamentali, il principe Gelasio Aldobrandi che persegue il sogno irrealizzabile di un erede, una coppia di lesbiche che rimpiangono i giorni in cui venivano invitate in Vaticano da papa Ratzinger, una ex bellona che accusa l’intero cinema italiano di averle rubato le idee e, non ultime, la prima e la seconda signora Volpicelli.

Fra interminabili conversazioni di delirante futilità, e una notte in cui qualcuno rischia di uccidere uno degli ospiti, fra l’arrivo di una celebre influencer e una morte sospetta, molte sono le cose che il giovane Federico vedrà e imparerà durante il suo soggiorno al Paradiso.

Fino al momento in cui si renderà conto di non poterne, o non volerne, più uscire.

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Michele Masneri vive tra Roma e Milano, è giornalista e attualmente scrive sul Foglio.

Le atmosfere qui raccontate sono a metà strada fra l’onirico felliniano e la commedia all’italiana.

Con grande brio Masneri descrive le anime di Roma e Milano, e i personaggi ludici, patetici, toccanti, circensi che popolano queste due metropoli.

Se l’unica industria rimasta nella Capitale è “la fabbrica delle sòle”, bisogna provare a ingannare anche sé stessi e inventarsi un altro mondo.

Roma in queste pagine sembra una fatamorgana, un fenomeno ottico, un miraggio. Un ventre molle e compiacente in cui l’oblio si fonde con una ebbrezza alcolica-erotica.

L’Urbe ti fa diventare una macchietta, l’ironia scanzonata è una condanna ma anche una scialuppa per sopravvivere senza prendersi troppo sul serio, al contrario di Milano.

Paradiso – il cui titolo credo sia un omaggio all’omonimo perduto di Milton – raffigura un mondo vacuo, ma soffocante, circoscritto, autoreferenziale.

La fauna variopinta che lo popola miricorda i personaggi dell’Angelo Sterminatore di Buñuel che, pur volendolo, non riuscivano a lasciare l’appartamento.

Il Paradiso, per quanto incantevole, è una Sant’Elena esistenziale.

Tutto è artificio, schermaglie, chiacchiere perpetue che mascherano tempi, sempre più grigi e cafoni, nei quali i protagonisti sembrano non ritrovarsi più.

Stare insieme come una famiglia disfunzionale, pur tra ripicche e gelosie, è un modo di proteggersi.

Masneri come un novello entomologo osserva e cataloga personaggi e universi che non hanno diritto di asilo in questa contemporaneità.

Una struggente malinconia si irradia dal libro, pur mascherata dal tono spassoso dei dialoghi.

Una galleria di fantasmi che meriterebbero la pace, la pietà di un necrologio.

Il tempo fiacca l’anima, rende tutti più frangibili.

Ci rimane ancora la nostalgia, e una vista mare sul Tirreno.

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