Recensione di  A Babbo Morto – Zerocalcare

Recensione di A Babbo Morto – Zerocalcare

A Babbo Morto… inizia così.

C’era una volta Babbo Natale, la sua fabbrica di giocattoli e i suoi aiutanti i folletti.

Stop… no, non proprio… ricominciamo.

C’era una volta Babbo Natale, la sua holding di giocattoli e i suoi dipendenti, i folletti.

In A Babbo Morto il paffuto signore dalla barba bianca è uno stacanovista proprietario di azienda, alquanto discutibile.

Un giorno muore e con la sua dipartita viene meno la leadership aziendale, scatenando la rincorsa al potere.

Chi sarà il suo erede? I pretendenti sono molti: dai figli incapaci, alle multinazionali in grado di acquisire la proprietà.

All’arrivo della nuova gestione come ricollocare i folletti? Da questo punto in poi il colore delle vignette incontra la Storia.

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A Babbo Morto, il tramonto dell’era di Babbo Natale racconta l’Italia degli ultimi 50 anni.

Gli anni di piombo, le stragi, le disillusioni di una generazione, il precariato, le morti inspiegabili.

Una favola contemporanea, amara, sincera e crudele.

Il racconto è dei personaggi.

Dei folletti, oppressi, sfruttati e sottopagati “merce umana” di un contesto lavorativo spietato.

Di chi serve il potere: le renne sanguinarie e temute.

Di chi si ribella: le befane rider.

Ma A Babbo Morto, la sua magia la fa: le ombre scomode, del passato e del presente, diventano potenti illustrazioni narranti.

Un omaggio alla verità che spacca il cuore. Commuovendo.

PS: Attenzione!! Per la prima volta non simpatizzerai mai e poi mai per una renna e la sua slitta.

A BABBO MORTO – BAO – 2020

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