Recensione di AbBRASSENS – Alberto Patrucco, Laurent Valois


AbBRASSENS Recensioni

AbBRASSENS, una citazione:

“Una canzone è una piccola festa di parole e di note. Le mie canzoni hanno dentro più di quanto io dico, sono loro che bisogna interrogare, ascoltandole meglio. Sono meditate, sofferte, e io ci sono tutto, là dentro. Visibile e nascosto. Ci si nasconde pudicamente dietro quel che si dice.”

AbBRASSENS non è un omaggio né un tributo a Georges Brassens.

È un atto d’amore e di stima per un artista che è stato – e continua a essere – un fenomeno culturale prima che musicale.

Nato il 22 ottobre del 1921, Brassens è stato un raro esempio di coerenza fra espressione artistica e vita privata.

Ci ha insegnato l’impegno civile non disgiunto dalla poesia, gusto dello humour e satira.

Il tutto con grande originalità di scrittura, ma principalmente con una grande ampiezza di vedute: la tolleranza pur nella convinzione delle proprie idee.

L’uomo, l’autore, libero e di grande umanità, che è le sue canzoni, parole e melodie. Parole che sono singolare impasto tra lingua e gergo, melodie che rapiscono.

Questa non-biografia di Brassens è il frutto dell’intenso ed emozionante percorso compiuto tra le parole e la musica di un artista unico.

Emergono qui i temi preferiti dello chansonnier e il suo modo di parteggiare per gli emarginati, prendendo in giro il perbenismo borghese.

«Il plurale non serve nulla all’uomo, e quando si è più di quattro, non si è che una banda di coglioni.»

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Un uomo riservato e timido, un artista generoso che gronda sudore a ogni esibizione, anti-divo per eccellenza. In lui niente artifici e niente scandali. Un insolito e infrequente esempio di armonia fra apparire e essere, tra espressione artistica e vita privata.

E che a metà degli anni Cinquanta, in Francia, diventa l’idolo di un pubblico vastissimo e, più in là, per tutti, uno dei più grandi poeti del Novecento.

Si è molto discusso in merito alla “poeticità” dei testi di Brassens fatti di singolari arcaismi, parole antiquate, arditi calembour, sprazzi di pura goliardia, anticlericalismo e religiosità popolare, citazioni dotte alternate a ironia.

Uno stile inconfondibile, elegante e ricercato. Una forma poetica meticolosa e severa, in cui non si avverte traccia di tecnica scolastica né si ostenta l’enorme bagaglio culturale dell’autore.

L’universo musicale di Brassens è la musica popolare francese (il valzer musette, la giava), la musica di Charles Trenet e il jazz di Duke Ellington e Django Reinhardt.

Ha un modo difficile di suonare la chitarra e un modo di cantare, “strascicato” o “in ritardo”, ereditato dal jazz d’anteguerra.

Un approccio piuttosto sorprendente che gli consentiva di creare musica molto elaborata, difficile da suonare, facendola passare al contempo per qualcosa di semplice.

AbBRASSENS è una vera miniera di strofe, citazioni, rime, frammenti di pensiero e di poesia di Tonton (Zio) Georges.

Il comico-attore-cantante Alberto Patrucco e Laurent Valois, collezionista di dischi e grande conoscitore di Brassens, lo rievocano grazie a vicende note o meno e, soprattutto, attraverso le liriche sui suoi temi prediletti.

Ne scaturisce il ritratto di un innovatore totale, letterato finissimo, anarchico alquanto individualista, dotato di uno sguardo pungente nel tratteggiare la condizione umana.

E noi lo abbracciamo idealmente, a circa 100 anni dalla nascita, grazie a questo gioiello letterario.

AbBRASSENS – PAGINAUNO – 2021

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