Recensione Di Artico – Marzio G. Mian


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Artico, una citazione:

“L’Artico però, prima di tutto, è un’idea. Perlopiù sbagliata, perché non è vero che sia disabitato, e non è vero che sia immutabile e fuori dal tempo. Un’idea che nasce dal bisogno d’altrove, dalla speranza che vi sia infine un luogo diverso, una possibilità di fuga dal contemporaneo, un’ultima Thule al riparo dell’autismo corale della società tecnologica. Ci piacerebbe che esistesse un luogo così, senza storia, dove le cose sono sempre state come sono, una parte del pianeta ibernata in un’immacolata, primordiale purezza.”

Era quasi la Luna, l’Artico. Un altro pianeta, rispetto alla grande storia dell’umanità. Ora, invece, si trova al centro di trasformazioni epocali.

Dallo spazio appare sempre meno bianco e sempre più blu. Un nuovo mare sta emergendo come un’Atlantide d’acqua. Perché il riscaldamento nel Grande Nord è doppio rispetto al resto della Terra.

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Nella roulette artica ormai il bianco, e tutto quello che rappresenta, è il colore perdente. Tutti puntano sul blu del mare che si sta rendendo disponibile dalla ritirata dei ghiacci, che consente alle navi cargo rotte più brevi e veloci per collegare l’Asia con la Russia e il Nord America.

Il global warming e l’epocale scioglimento dei ghiacci perenni hanno peraltro scatenato la contesa per la conquista dell’unica area del mondo ancora non sfruttata e che nasconde risorse naturali (gas, petrolio, uranio, ma anche diamanti, platino, oro, zaffiri, zinco) pari al valore dell’intera economia Usa.

Oltre alle ‘terre rare’, così importanti per l’industria elettronica e dei micro processori, di cui la Cina ha il monopolio mondiale nella trasformazione e nel commercio.

Nell’estremo Nord e in Groenlandia, si aprono strategiche nuove rotte mercantili. Ampie e pescose regioni marittime. Ciclopiche infrastrutture (nuovi porti, pipelines) per le estrazioni. Una nuova e spietata corsa neocoloniale ai danni degli inuit e delle altre popolazioni autoctone. Civiltà millenarie che soccombono alla modernità.

L’Artico per gli inuit è un paesaggio spirituale entro un paesaggio fisico. Un mondo che quindi non può avere confini, così come non li ha il cielo; mentre l’imprecisione dei confini artici è ciò che ossessiona e affascina l’uomo bianco che vuole porre ordine e spartire le quote, decidere al più presto a chi spetta cosa. Sono mondi incompatibili, ognuno è per l’altro una specie di primitivo.”

Senza contare, oltre tutto, le gravi implicazioni in termini di inquinamento ambientale. L’uomo, la storia lo insegna, è un serial killer ecologico.

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Marzio G. Mian è uno dei pochi giornalisti internazionali ad aver esplorato sul campo il Nuovo Artico e ha fondato, insieme con altri giornalisti internazionali, la società no profit The Arctic Times Project.

Dalla Groenlandia all’Alaska, dal Mare di Barents allo Stretto di Bering, questo viaggio-inchiesta racconta in presa diretta la lotta per la conquista “dell’ultima delle ultime frontiere.”

Un libro denso, che fa riflettere, arrabbiare e rabbrividire sugli scenari – geo-politici, ambientali, commerciali – che potrebbero dipingersi di qui a breve.

Perché la Cina punta con ogni mezzo a espandere nel Grande Nord le proprie ambizioni globali e proiezioni mercantili. Gli Stati Uniti e la Norvegia – super potenza economica locale – fronteggiano il pericoloso disegno neo-imperiale di Putin che considera l’Artico il mare nostrum della Russia dispiegandovi spie, basi e testate nucleari. La NATO non rimane certo a guardare, mentre sembrerebbero più defilate Canada, Islanda e Danimarca. Un conflitto in quest’area appare più realistico oggi che ai tempi della Guerra Fredda.

Nel Grande Gioco del Ventunesimo secolo incombe su tutte una domanda: di chi è il Polo Nord (o quello che, almeno, ne rimane)?

ARTICO – NERIPOZZA – 2018

 

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