La Frattura, una citazione:
Ed ecco che adesso anche quel caffè rischiava di rovinargli la giornata. Il caffè, l’antizanzare, il cloro, l’affettapalle, il bollitore, gli inglesi inesistenti, i greci avidi, l’intera isola, fin troppo vicina all’Albania. Lei aveva avuto l’idea. Gli aveva detto che dovevano fuggire da Belgrado, almeno per una settimana. E lui le aveva dato retta, come aveva dato retto a Damir sulla faccenda di photoshop che cambia l’aspetto delle persone. Solo che non era vero: le persone cambiano autonomamente, si trasformano in mostri da sole.”
Come si misura la distanza che ci separa dagli altri? È più facile risanare la frattura tra Occidente e Oriente o quella tra due generazioni che rifiutano di comunicare?
Bogdan è un capitano dell’esercito in pensione irrimediabilmente sciovinista, segnato da un trauma che a volte lo estrania dalla fallimentare vacanza in Grecia con la moglie Radica, del resto più attratta dalla compagnia e dal singolare vissuto di un’altra coppia di serbi.
Damir è il loro unico figlio, in fuga da Belgrado (e dalla disciplina paterna) in una città universitaria di provincia, dove l’incontro con un ragazzo tanto brillante quanto eccentrico sconvolgerà la sua percezione di sé, educandolo a una nuova filosofia dai risvolti inquietanti.
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Un romanzo che si snoda tra una Corfù assolata e satura di turisti e una Serbia alla vigilia della guerra del Kosovo, in cui l’autore ci accompagna con sguardo lucido e disincantato nei precipizi insondabili delle relazioni umane, alla ricerca di un’identità a cui aggrapparsi una volta per tutte.
La Frattura ci parla di ferite, della frammentazione della Jugoslavia, della scissione delle identità e della storia comuni, dell’orgoglio e della paura, della polvere sopra ogni idea di grandeur.
Ma Tuševljaković non cade nella tentazione del documentaristico e dell’autobiografico, riuscendo a trattare gli eventi bellici degli anni Novanta come una cornice all’interno della quale si giocano le relazioni ed avvengono i drammi, che sono sempre e solo individuali, seppur universalmente rilevanti: lo sviluppo umano e personale di alcuni dei protagonisti, le vicende di coppia, la sessualità, la ricerca della felicità, il difficile rapporto padre-figlio, il crescente senso di disorientamento, di precarietà e di insicurezza sociale, l’amarezza della sconfitta dei valori di intere generazioni.
E l’elenco non finisce qui, perché sono pressappoco infinite le questioni che questo romanzo solleva, sviluppandosi come una storia piuttosto lineare o, se preferiamo, due storie principali.
La prima raccontata dal punto di vista del genitore, immersa in un’atmosfera di essenzialità razionale che si addice al carattere burbero del personaggio mentre la seconda, come in un gioco degli specchi, ci è restituita dall’ottica del figlio ove il fantastico prende il sopravvento e in cui man mano si incastrano altre testimonianze più piccole, dove a battute apparentemente ingenue è affidato il compito di lasciar intuire quel turbinio di sentimenti che nella vita reale, fuori dalle pagine di un libro, facilmente seppellisce le persone.
Darko Tuševljaković è nato nel 1978 a Zenica (Bosnia ed Erzegovina) e attualmente vive e lavora a Belgrado. I suoi primi racconti sono usciti su riviste, quotidiani e antologie a partire dal 2002, ad oggi ha pubblicato tre romanzi e due raccolte di racconti. La Frattura, scritto nel 2016, gli è valso il Premio dell’Unione europea per la letteratura ed è in corso di pubblicazione in diversi paesi.
Questo romanzo ci racconta il nostro essere inadeguati all’esistenza e talvolta inani rispetto agli affetti che il caso capriccioso ci assegna, in una vita che può essere una sorta di escape room priva di logica i cui rompicapi rendono impossibile il raggiungimento della soluzione.
Condannandoci a restare chiusi in una stanza, altrove.
LA FRATTURA – VOLAND – 2019
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