Recensione di On The Brinks – Sam Millar


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On The Brinks. Sull’orlo, proprio su un precipizio è la vita di Sam Millar.

Lo scrittore irlandese ci racconta in prima persona la sua frenetica esistenza, proiettando diapositive che il lettore non può che memorizzare. Millar è un irlandese originario di Belfast, un irlandese puro.

Testardo, ribelle, rivoluzionario, sempre alla ricerca di guai.

Cattolico, repubblicano, cresciuto dove non si può non reagire: “Lancaster Street aveva una storia di scontri più antica di quanto ci si potesse ricordare. Gli orangisti, insomma gli unionisti, scortati dalla polizia, la attaccavano frequentemente, di solito lasciando feriti o morti i suoi coraggiosi difensori.”

Ci risiamo. Nazionalisti contro Lealisti.

Ma sorprendentemente Millar nasce in una famiglia dalle radici tutt’altro che repubblicane: “Mio nonno veniva da una devota famiglia protestante, la cui fedeltà a Dio e all’Irlanda del Nord non fu mai messa in discussione. A causa del suo radicale credo protestante, per mio nonno i cattolici erano insignificanti.”

On The Brinks è diviso in due parti. La prima incentrata sulla terra natia dell’autore, l’Irlanda. La seconda proietta il lettore in un mondo così diverso, ma per certi versi, vicino all’isola verde: gli Stati Uniti.

Belfast e New York, così lontane, così vicine. La prima, dove il tempo si ferma, dove l’unico pensiero è la sopravvivenza, dove i guai ti inseguono. La seconda, la “Grande Mela”, città frenetica, piena di contraddizioni, dove i guai ti inseguono… se li cerchi.

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Quando cresci in un contesto come quello di Belfast, è difficile scappare dai problemi. La chiamata alle armi è un richiamo quasi obbligato, una calamita che non hai richiesto.

Entra nelle fila dell’I.R.A. per difendere la sua gente e la prigione diventa la sua triste dimora. “E così tornai là dove avevo imparato tutto, a Long Kesh, il posto in cui gli uomini fanno le regole, ma raramente le rispettano. Un luogo in cui, a volte, gli uomini potevano cambiare il corso della storia…”

Percosse dei sadici secondini, umiliazioni che farebbero rabbrividire anche il più perverso dei killer, l’incubo dei lavaggi forzati. Sì, perché Millar partecipa alla “Blanket Protest”, diventa un “Uomo Coperta”: “Era una tortura, ma in quel momento non potevo immaginare per quanti anni quella coperta sarebbe stata la mia ombra e la mia pelle.”

Nei momenti di maggiore drammaticità viene perfino messa in discussione la fede in Dio. Nemmeno troppo velatamente: “Avanti. Fai la tua magia, Dio. Portami via da questa follia. Colpiscimi con una bella saetta. Ammazzami sul posto.”

Per rimanere in tema, Millar non fa sconti alla Chiesa Cattolica, non la risparmia, tutt’altro: “Che cosa aveva mai fatto la Chiesa per aiutarci, in questa situazione? La loro solita vile risposta era che stavano lavorando dietro le quinte.”

On The Brinks ci racconta da dentro il calvario dello sciopero della fame, la morte che sorride beffarda, il corpo che non segue più la mente, il disprezzo per le strategie dei politici ormai solo “giacca e cravatta”.

Nella prima parte la narrazione estremamente coinvolgente di On The Brinks ha una forza comunicativa da far invidia. L’autore riesce a strappare anche dei sorrisi. Con ironia, sarcasmo, con una sorta di umorismo nero utile a sdrammatizzare, ad esorcizzare la mostruosa quotidianità del carcere.

Poi gli Stati Uniti. Dopo la scarcerazione arriva quella lettera che cambierà l’esistenza di Sam. L’apparente vacanza si trasforma in un’avventura scoppiettante.

La vita al casinò, i facili guadagni, le nuove amicizie: “Erano ormai due mesi che lavoravo a tempo pieno nel casinò. La paga era grandiosa e ogni giorno aspettavo con impazienza l’occasione per soddisfare la mia curiosità verso i vari personaggi di quel mondo.”

Negli Stati Uniti degli anni ‘80 malavita e ricchezza andavano a braccetto. Così l’ultima parte del libro esplode in una narrazione avvincente con l’epica cronologia dell’azzardata rapina che costerà all’ex membro dell’I.R.A. altri anni di reclusione.

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On The Brinks. Frenetico, avvincente, profondo, romantico. Millar non si fa mancare nulla, un “maledetto” irlandese, alla continua ricerca di adrenalina. Momenti concitati, emozionanti, raccontati con un ritmo da far invidia ai migliori registi di Hollywood.

La sua casa, la strada, non lo abbandonerà. Mai.

“Il silenzio della strada divenne stranamente meraviglioso. Come una sinfonia eseguita da fantasmi di guerrieri caduti. Ci si poteva scivolare dentro e lasciarsi trascinare via, per sempre, all’infinito.”

ON THE BRINKS – MILIEU – 2016

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