Sbronzi, di Edward Slingerland, è un trattato che finalmente svela tutti i rapporti tra l’uomo e l’alcol.
Anzi, non solo alcol ma anche tutto quello che assumiamo e andrebbe contro natura perché ci stordisce ma ci ostiniamo a ripetere come un errore vestito da vizio.
In Sbronzi scopriamo dall’antichità fino a oggi che cosa ci fa sentire il bisogno di perdere il senno. Cerca inoltre di svelarne i perché. Grazie a un trattato ironico ma dalle basi assolutamente scientifiche e quindi anche storiche. In particolare i suoi studi partono da tre fattori.
“Alla gente piace masturbarsi. Ma anche ubriacarsi e ingozzarsi di Twinkie. Magari non nello stesso momento, ma ognuno ha i suoi gusti.”
Ecco che la natura umana viene messa a nudo per quello che è. Una sottospecie di se stessa che dell’evoluzione ne fa una necessità alla quale, anche se controvoglia, non può sottrarsi.
L’autore indaga quindi sul perché qualcosa che ci fa male, e che non ha senso per la sempre citata evoluzione, ci dà tanto piacere a ripeterla come sbaglio. E poi, siamo proprio sicuro che sia un piacere? E se invece fosse un bisogno, che razza di bisogno anomalo sarebbe?
Sbronzi dopo una sostanziosa introduzione sui temi di cui sopra, ci porta dentro all’argomento puntando al cuore con una domanda legittima a questo punto della lettura: perché ci ubriachiamo?
La risposta potrebbe sembrare scontata tra bisogno di dimenticare, di approcciare o di negare la condizione umana. Ma così non è perché le risposte sono tante e piene di sfumature personali. Ci si ubriaca per motivi diversi e circostanziati. Una cosa è certa: l’umanità lo fa da tempo immemore.
Sbronzi se vuoi lo compri QUI
“Le evidenze dirette più antiche di bevande alcoliche prodotte deliberatamente dall’uomo risalgono al 7000 a.C. ca.: alcuni reperti provenienti dal Neolitico antico nella valle del Fiume Giallo, in Cina, hanno mostrato tracce chimiche di una sorta di vino, probabilmente non molto gradevole secondo gli standard moderni, ottenuto da uve selvatiche e altri frutti, riso e miele.”
Non solo alcol però, è bene ricordarlo, ma tutto quello che può stordire l’uomo viene analizzato e posto sotto la lente d’ingrandimento. Per farci sentire tutti degli esseri umani contro natura, non solo quelli che si sbronzano.
La domanda quindi rimane lì tra le pagine: perché lo facciamo? E si prosegue con esempi di ogni sorta tra scimmie ubriache e cetrioli sottaceto per i nostri cari estinti.
Si passa poi ad analizzare gli effetti che ha su di noi l’alcol (e i suoi cugini che ci stordiscono, qualunque essi siano) e del perché ci può rendere creativi, ci fa tornare bambini ma può avere anche condizioni nefaste sulla nostra vita (e su quella degli altri).
A questo punto il discorso punta una parola sola: ebbrezza. E ci racchiude dentro tutto quello che fino a questo passaggio è stato letto e assimilato per bene. Ne racconta la storia e di come il suo zampino spunti fino dalle origini della civiltà per proiettarla poi nel mondo moderno.
“Io sono un professore, non un inventore, un artista o un uomo d’affari, ma non è difficile dimostrare come la socialità favorita dall’alcol svolga un ruolo altrettanto decisivo nell’innovazione accademica. Negli anni novanta, al termine dei seminari che frequentavo all’università, studenti e professori si trasferivano in massa del campus, dove il dibattito avviato in aula proseguiva davanti a boccali di birra e stuzzichini. Spesso, dopo una o due pinte, la discussione prendeva direzioni inaspettate e creative.”
Questo per darne atto della sua capacità di influenzarci a noi umani. Positivamente come l’esempio sopra ma anche negativamente come raccontato nel capitolo dedicato dal nome “Il lato oscuro di Dioniso.”
Lascio a voi le conclusioni ma la lettura è stata davvero inebriante. E’ un libro che consiglio a chiunque beva un goccetto ma anche per chi ha l’amico/a che sta passando un brutto periodo a causa dell’alcol e lo vuole fare ragionare strappandogli comunque ogni tanto un sorriso.
BRONZI – UTET -2022
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.