Unità Stratigrafiche, Arcipelago Itaca edizioni, lo avevo da poco tempo sulla mia scrivania e la scorsa domenica l’ho aperto leggendolo d’un fiato.
Una domenica a conclusione di una settimana di merda (inutile girarci intorno!), in cui sono morti improvvisamente e prematuramente un mio amico di gioventù e la nostra amata cagnolina Penny.
Dunque col cuore, la testa e lo stomaco doloranti ho iniziato questo sentiero tra il qui e l’aldilà, il presente, passato e futuro.
Laura Liberale, poetessa, scrittrice, indologa e tanatologa, ha scritto questo potente libro di poesie (e non solo) sulla morte, e io di sondare la morte, di inoltrarmi tra i suoi rovi spinati, averla tra le mani come Das cui dare una qualsiasi forma, sentivo il bisogno.
Gli abiti per i morti sono aperti dietro
perché possano sgusciare via senza essere trattenuti
il cuoio delle scarpe dei morti è cedevole
perché non desistano dal tornare sui loro passi
nella nostra direzione
In Unità Stratigrafiche il tema è la dipartita, l’attimo che tutto sfuma, quello prima e quello subito dopo, ed è un libro che dona speranza, con il quale condividere e per questo lenisce.
Per dirci che va tutto bene
gli appena morti muovono le gocce di vetro dei lampadari
esseri metaforici, ci avvertono così che le nostre lacrime
gli infradiciano i piedi
li rallentano
In Unità Stratigrafiche il mondo dei vivi e quello dei morti comunicano, non sembra esserci divisione, e colei che ne scrive ci lascia la netta percezione di averne piena coscienza.
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Di comprenderne i meccanismi, celati alla massa, di accettare le relative dinamiche in quanto insite nella storia dell’umanità e della Terra, storia che non si interrompe con la Morte, ma che muta e trasmuta.
Laura Liberale ci parla della morte umana, degli animali che la avvertono prima di noi, dei Mezzi, della clonazione, di un sito che elenca gli ultimi Tweet di persone che poi sono morte subito dopo, di Henrietta Lacks (grazie Henrietta!) e della della chimica della fluorescenza azzurra dello spegnimento.
Sapientemente si destreggia tra le parole, che ci sembrano chiaramente essere una delle chiavi.
un Mezzo ti accoglie in casa e dice
non a te ma di te:
hai visto? è qui, è arrivata!
ti accomodi e alla stanza
ai libri ai quadri
all’aria alle fotografie
rivolgi il tuo saluto
ma piano, come in chiesa
A me la morte è l’unica cosa che spaventa davvero in vita, non la capisco, dunque non la accetto. Come se qualcuno mi chiedesse insistentemente di visualizzare nitidamente l’Infinito. Non lo vedo.
Allo stesso tempo i luoghi in cui amo stare sono i cimiteri. Mi danno pace e serenità… ma forse è solo perché lì l’umanità che vi risiede è risolta, non può più far danni.
Questo libro è una fessura, lo spiraglio attraverso cui passa la luce proveniente da una dimensione che non possiamo conoscere e per me, oggi, questo è tantissimo.
Buona lettura!
UNITÀ STRATIGRAFICHE – ARCIPELAGO ITACA – 2020
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