Storie Fantastiche Di Isole Vere, una citazione:
“Se lei prova non a vedere, ma a pensare Cuba, o a parlarne in qualche bar del mondo, scoprirà che l’isola è molto più ampia della sua dimensione geografica. Ognuno di noi ha una Cuba tutta sua, che spesso non esclude le altre, anzi, le tollera e perfino le comprende.”
Isole contese, abbandonate, conquistate e riconquistate, vendute e amate, incantate e stregate, plasmate dal vento che le abbraccia e le sferza.
Luoghi dell’origine e dell’utopia, inaccessibili, invisibili, isole che non sono isole, appena affioranti, quasi penisole.
Da Cipro ad Alcatraz, da Tortuga alle Galápagos, quando parliamo di isole – secondo il narratore di questo breviario – parliamo di profezie, messaggi in bottiglia affidati alle acque.
Che cosa vogliono comunicarci, le isole, con la loro presunzione di credere che tutto giri attorno a loro, come in realtà fanno solo le correnti e i pesci?
La cosa più difficile di fronte a un’isola è semplicemente leggerla, capire quale lingua parla e quale inesauribile racconto mormora il mare frangendosi sugli scogli.
Storie Fantastiche Di Isole Vere descrive l’incontro di due personaggi.
Il primo è un narratore, il Pilota, un marinaio che ha navigato su ogni rotta ed è sbarcato in ogni porto, e possiede quella saggezza dell’esperienza che si deposita lentamente nel corso di una vita.
Sorseggiando un bicchiere di vino Pigato o di rum, fumando una delle sue sigarette, con il suo affabulare ipnotico e avvolgente il Pilota irretisce chi lo ascolta, lo piglia all’amo, lo cattura, iniziandolo all’insulomania, il culto, o malattia, degli ultimi discendenti di Atlantide.
Il secondo personaggio si limita per lo più ad accogliere e raccogliere i racconti dell’altro.
Ma senza chi ascolta non esisterebbe chi narra, senza lettore non ci sarebbe scrittore.
Il porto in cui i due si trovano è quello di Genova, dove «quando vedi una nave enorme sfilare piano in fondo alle vie, ti chiedi se sta salpando lei o se sta salpando la città».
Il testo che compongono insieme è un isolario, ovvero un libro anfibio, per metà vero e per metà fantastico.
Un inno al mistero e all’inquieta bellezza delle isole, e quindi all’arte del racconto, e all’oceano delle storie.
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Ernesto Franco è nato a Genova nel 1956. Direttore editoriale di Einaudi, ha tradotto Octavio Paz, Álvaro Mutis e Julio Cortázar.
Le isole sono mondi potenti, gelosi della propria libertà, che non rivelano facilmente i segreti che custodiscono.
Franco racconta venti isole che sembrano universi paralleli, terre liminari la cui voce si fonde con il mito, la natura, la storia.
Ogni isola diventa, nelle sue mani, qualcosa di vivo e di pulsante indipendentemente dall’uomo.
Isole affabulate ed affabulatrici, dove ogni roccia ha un’anima e ogni evento è ammantato di poesia e di sorpresa.
Un libro che compone una geografia esistenziale e che celebra la seduzione del racconto, sulla scorta delle “Città invisibili” di Calvino.
Diceva John Donne che “nessun uomo è un’isola,”, nessuno è parte a sé stante del tutto.
Sono le storie, ed i retaggi, i fili che forse ci tengono uniti.
Storie Fantastiche Di Isole Vere è un wunderkammer che ci ricorda l’importanza di saper raccontare, e di saper ascoltare.
Due forme d’arte, che rischiamo di perdere ogni giorno che passa.
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STORIE FANTASTICHE DI ISOLE VERE – EINAUDI – 2024
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