Recensione di Per Il Mio Bene – Ema Stokholma


Per il mio bene

Per Il Mio Bene è la storia di Morwenn Moguerou, quella che tutti oggi conosciamo come Ema Stokholma.

Inizia col primo brutto ricordo della piccola Morwenn, quando aveva solo quattro anni e pensava che la macchina fosse un “luogo protetto” … e si sbagliava.

“Non c’è un motivo valido, non c’è una spiegazione, accade senza preavviso ed è sempre lo stesso scenario.” 

Capitolo dopo capitolo in Per Il Mio Bene Ema ci racconta della sua vita, della sua famiglia, di dove viveva, come, del fratello Gwendal e della sua vita in casa col mostro.

Quello che lei chiama mostro è in realtà sua madre.

Ma non una madre come ci verrebbe da immaginare al solo suono della parola.

Il ritratto è quello di una donna problematica, paranoica, che ha subito violenza da piccola e che riversa sulla sua unica figlia femmina (e molto meno sul maschio) le sue frustrazioni, i suoi demoni.

All’ordine del giorno ci sono gli insulti, molto spesso accompagnati da improvvise botte, dei veri e propri pestaggi.

Morwenn negli anni, oltre a covare odio e rancore nei confronti di chi dovrebbe amarla e proteggerla e invece le crea insicurezza e voglia di morire, impara a schivare le situazioni.

Più cresce e meno passa del tempo in casa.

Le case cambiano, cambia il rapporto con Gwendal, i loro corpi di bambini subiscono i normali mutamenti, lei diventa alta e poi sempre più donna.

E gli insulti più gettonati che il mostro le rivolge sono a sfondo sessuale.

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In questo contesto cresce Morwenn, proiettando il concetto di famiglia al di fuori delle mura domestiche e facendo della musica la sua nuova linfa vitale.

A 15 anni lascia la Francia facendo finalmente andare in porto una delle sue fughe.

L’ultima!

Approda a Roma restando pochissimo tempo dal padre (questo sconosciuto) per poi aprirsi alla vita e a ciò che le propone. La vita che Morwenn prende a morsi, avida e bisognosa di amore, sicurezza, serenità.

In Per Il Mio Bene ciò che mi ha colpito e mi è piaciuto è la lucidità con cui il tutto viene descritto ma soprattutto l’ostinazione di una bambina, ragazza poi donna, di cambiare ciò che non andava della sua vita.

Credo sia davvero difficile, è la sua mamma, le sue radici, ma non è riuscita a piegare l’evoluzione di un essere umano che schiacciato per anni sentiva di volere e poter sbocciare.

Almeno doveva darsi una chance, tentare fino alla fine, con tutti gli sbagli e le peripezie del caso.

Molto bello che nonostante tutto Morwenn sia diventata oggi Ema Stokholma, una donna che si prende cura di sé cambiando l’analista e che sa di dover fare i conti tutta la vita con qualcosa che l’ha segnata, che però non è lei.

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