La Finestra, una citazione:
“Temo di essere rimasta per un lasso di tempo non indifferente in uno stato di grande esaltazione e turbamento. Per tutto il giorno attendevo con ansia che si facesse sera, momento in cui potevo osservare il mio vicino dietro alla finestra dirimpetto alla mia.”
Dalla collezione “Il bosco di latte” ecco un’altra gemma che ci regala Paginauno.
Racconto del “visto” e del “non visto”, La Finestra scorre via sul filo delle sensazioni visive – o sono allucinazioni? – della protagonista. La giovane ospite di una vecchia zia estraniandosi da una routine salottiera da cui si sente poco o per nulla attratta, si isola in un cantuccio accanto alla finestra, lasciando libero sfogo alla propria immaginazione. Riesce a intravedere vita e attività laddove per altri non c’è che una finestra sul muro della casa di fronte.
Una misteriosa finestra (forse un trompe l’oeil, forse una vera finestra murata, forse solo un gioco di luci), un’adolescente “bizzarra e fantasiosa” che – come una Emily Dickinson inquietante – la scruta dalla propria, animandola di visioni, proiezioni, desideri, sentimenti che solo lei vede e prova (una biblioteca austera, un giovane sconosciuto chino sui libri, uno scambio di sguardi, forse un desiderio d’amore).
Una storia esile, di percezioni ambigue, tutte giocate sul labile confine tra sogno e realtà, tra vedere e non vedere, in quell’ora strana che cade tra giorno e notte.
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Un originale racconto soprannaturale. Grazie alla maestria dell’autrice, avvince e cattura il lettore facendo di lui un testimone, quasi un complice, di una singolare e straordinaria esperienza.
Scrittrice scozzese minore, ma nell’accezione migliore del termine, Margaret Oliphant (Wallyford 1824 – Windsor 1897) è stata paragonata ad altri, più illustri, contemporanei del realismo vittoriano. Ad Anthony Trollope, per la tecnica di costruzione dei romanzi e a Elizabeth Gaskell, per la capacità di rendere un affresco della società britannica dei tempi. E proprio con la Gaskell ebbe in comune le medesime esperienze tragiche, che ne segnarono la vita e l’opera letteraria.
Rimasta vedova a soli trentuno anni, con tre bambini piccoli da mantenere, la Oliphant dovette ricorrere alla sua penna quale unico mezzo di sostentamento della famiglia. Provata oltre che dalla morte del marito anche da quelle successive, una dopo l’altra, dei suoi tre figli. In tutta la sua produzione lascia affiorare tracce del suo dolore: immagini ricorrenti di cancelli, porte, finestre, barriere che, pur permettendo agli umani di avvicinarsi e di comunicare, impediscono in fondo un vero e proprio ‘incontro’, sia esso fisico che spirituale.
Proprio in quest’ottica si pone questo racconto, scritto a Parigi nel 1885 dopo la morte di due dei suoi figli, in cui, contrariamente alle opere vittoriane coeve, non compaiono fantasmi, mostri o eventi truculenti che possano colpire o scioccare il lettore. Non si assiste ad alcuna fuga dalla realtà per entrare in un mondo ‘fantastico’, piuttosto si adombra l’idea che esista un qualcosa oltre la vita terrena, che un senso di mistero imperscrutabile pervada tutta l’esistenza umana.
La Finestra si impone come un tentativo riuscito e originalissimo che va pertanto al di là del desiderio di spiegare ciò che non è spiegabile. Con un finale/non finale a conferma della convinzione della Oliphant che gli esseri umani sono troppo limitati per poter “leggere” nel soprannaturale.
Già per Edgar Allan Poe “all that we see or seem is but a dream within a dream”.
Lo credo anch’io.
LA FINESTRA – PAGINAUNO – 2019
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