Orfani bianchi è la storia di una donna, una giovane donna moldava trasferitasi a Roma per trovare lavoro e aiutare la sua famiglia.
Mirta Mitea ha 34 anni e un figlio dodicenne (Ilie) affidato alla anziana mamma nel lontano villaggio di Logofteni.
Per dare una dignità alla loro vita rende la sua un inferno. Mirta lavora come badante accompagnando verso la fine dei loro giorni le mamme/nonne di cui non ci vogliamo più prender cura. Quando la signora Olivia, che si ostina a rimanere in vita, viene messa in un ospizio con sommo sollievo dei rispettivi figli, Mirta perde lavoro e dove dormire.
Aiutata da un paio di connazionali riesce a trovare un lavoro a chiamata per fare le pulizie nei condomini. Tutto dolcemente e tristemente accompagnato dai tanti messaggi che manda al figlio e alla mamma lontani e pieni di problemi pratici da risolvere. D’un tratto il figlio resta solo e l’unica soluzione che il mondo propone a Mirta è mettere il suo amato cucciolo in un internat.
Un orfanotrofio…nonostante lui non sia orfano.
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Esattamente questo sono gli Orfani bianchi, i bambini negli internat abbandonati da genitori che non possono prendersene cura perché per sopravvivere devono badare ad altri che non gli competono e da cui non riceveranno amore ne mai un “grazie”.
La storia procede e Mirta con un espediente trova un’altra donna cui prendersi cura, un diavolo con la dentiera che la sfibrerà oltre ogni limite. Ma Mirta nel cuore ha una grande forza, il pensiero di Ilie e del loro domani, quando torneranno a vivere insieme cercando di dimenticare il passato e il distacco forzato che entrambi stanno subendo.
Mirta continua a scrivere a Ilie raccontandogli le sue giornate, riempiendo i messaggi di speranza e visioni di un futuro diverso. Inizia sempre amorevolmente con «ora mamma ti racconta un fatto».
Orfani bianchi è la storia di Mirta, di Ilie, dei nostri anziani percepiti come peso e lasciati nelle mani di badanti straniere che abbandonano le loro famiglie, i loro affetti, la loro anima ed il cuore nei Paesi natali per badare a ciò di cui noi vorremmo disfarci. È la storia dell’indifferenza, dell’empatia esaurita di questo occidente che corre senza una direzione. O forse è solo la storia di un brandello di famiglia che faceva meglio a non sperare ne pretendere nulla dalla vita perché ancora fa troppa differenza dove casualmente nasci, se vivi o muori.
Durante tutta la lettura di Orfani Bianchi siamo gli occhi ed il cuore di Mirta Mitea, questa la grande capacità dell’autore, e viviamo sulla nostra pelle questo stralcio di vita assurda. Vita contemporanea in cui non vorremmo essere la protagonista ma neanche una delle anziane tantoméno uno dei loro aridi figli.
Le vogliamo così bene che ciò che le accade ci compete. E questo vale tutto.
ORFANI BIANCHI – CHIARELETTERE – 2016
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