Anna Che Sorride Alla Pioggia – Intervista Guido Marangoni

Anna Che Sorride Alla Pioggia – Intervista Guido Marangoni

Guido Marangoni dopo la recensione di Anna Che Sorride Alla Pioggia ci concede una bellissima intervista

“Anna che sorride alla pioggia” nasce come prolungamento e approfondimento della pagina Facebook  “Buone notizie secondo Anna” ci racconti come e perché sono nati la pagina Facebook e poi il libro?

Non nascondo che il suggerimento iniziale di “occupare” il web con “Buone notizie” è partito da Papa Francesco che, nel suo messaggio per la “Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali” nel 2015, disse “La sfida che oggi ci si presenta è reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione”. Questa sfida, lanciata dal Papa, mi ha subito affascinato. Poi Francesco continua “A proposito di limiti e comunicazione, hanno tanto da insegnarci le famiglie con figli segnati da una o più disabilità”. A quel punto mi sono sentito chiamato in causa anche se, per la verità, credo di non avere nulla da insegnare, ma credo nel grande potere di raccontare storie e soprattutto di condividere le proprie fragilità.

La sindrome di Down diventa così un pretesto per parlare di quella “zona di imbarazzo”, a me tanto cara, che ci hanno insegnato a evitare, ma che nasconde il segreto del vero incontro tra le persone. Per rendere questa zona più accessibile e amichevole, l’ironia e la risata sono ottimi strumenti che abbiamo a disposizione. Così abbiamo deciso di usare la leggerezza e di non prenderci troppo sul serio nel raccontare le nostre fragilità e le nostre contraddizioni da “normodotati” (una delle parole più brutte che esistano).

Si badi bene che la leggerezza non è superficialità e, come dice anche Italo Calvino (uno dei miei balbuzienti preferiti), sa essere molto profonda.
La visibilità della pagina è andata oltre ogni aspettativa e la nostra storia è stata notata da più di qualche casa editrice.

La proposta di scrivere un libro ha intercettato poi un sogno che coltivo fin da bambino e così mi son detto: “Perchè no?”

Come è parlare della propria famiglia, di ciò che più amiamo, svelandola al mondo nelle sue forze e debolezze?

Ho raccontato la mia e la nostra storia, sempre nel 2015, sul palcoscenico del TEDx Trento intitolando il talk “La potenza della fragilità”. In realtà non è la fragilità in sé che è potente, ma la possibilità di condividere le nostre fragilità, di raccontare le nostre vulnerabilità, nasconde una potenzialità di grande valore. Se raccontiamo la nostra parte più debole vuol dire che ci fidiamo, che entriamo in confidenza e dall’altra parte, nella quasi totalità dei casi, si attiva lo stesso meccanismo: fiducia e condivisione.

Sono convinto che se ci “allenassimo” un po’ di più a condividere le nostre fragilità, di esplicitare il nostro bisogno di piccoli aiuti quotidiani, la nostra vita e la vita di chi ci sta intorno migliorerebbero di moltissimo.

Come è la vostra giornata tipo e cosa è cambiato dopo l’uscita del libro?

La nostra giornata tipo e quella di centinaia di migliaia di altre famiglie dettata dai ritmi del lavoro, della scuola e degli impegni di ognuno di noi, Anna compresa, per ritrovarsi quando possibile, attorno al tavolo per condividere il pasto e le nostre vite. Quello che non manca mai sono delle sane risate, specialmente quando le mie donne mi prendono in giro scherzando sul fatto che sono uno scrittore rimandato in italiano alle scuole superiori e che non sa la definizione di “metafora”. In realtà dall’uscita del libro non è cambiato nulla se non che io ho l’onore di girare l’Italia e incontrare moltissime persone con le loro storie cariche di bellezza.

Ciò che ricorre nel libro Anna che sorride alla pioggia è sicuramente l’amore che lega voi genitori, di Anna e di Marta e Francesca, le sorelle maggiori, questo basta a superare gli ostacoli o avete una formula segreta tutta vostra per la quale ciò che per la maggiorparte della gente è un problema per voi diventa un’opportunità?

Io sono convinto del potere benefico della “leggerezza”. Leggerezza intesa quasi come stile di vita, anzi una sorta di allenamento a non prendersi troppo sul serio. Questo non vuol dire che manchino le difficoltà, la fatica e a volte il dolore, anzi credo che ogni modalità di affrontare la vita sia degna di comprensione. I momenti difficili, i problemi e gli ostacoli fanno parte della vita e spesso è impossibile evitarli.

Coltivare l’arte del sorridere di sé stessi e dei propri limiti credo sia una competenza che risulta molto utile per qualsiasi avvenimento riservi la vita.

Quando avete saputo del cromosoma in più del vostro cucciolo d’uomo in arrivo tua moglie Daniela ha chiesto “ma è maschio o femmina?” spostando il focus sull’unica cosa importante in quel momento, CHI stava arrivando. Quanto è stato importante questo atteggiamento?

Il colpo di genio di Daniela nel chiedere “è maschio o è femmina” credo sia stato il punto di svolta e l’illuminazione più importante che mi ha donato mia moglie. La dinamica, tanto semplice quanto potente, di svincolare il CHI dal COSA ha cambiato per sempre il mio modo di vedere e incontrare le persone.

Che padre sei con Anna?

Credo di essere un papà molto simile a quello che sono con Marta e con Francesca. Certo che è difficile resistere ad Anna che, con i suoi tre anni, è un concentrato di tenerezza e simpatia. Mi diverto molto, moltissimo con le mie figlie e credo che questo sia uno dei regali più belli che ci si possa fare a vicenda. Devo solo fare un po’ più di attenzione con i limiti che, involontariamente e istintivamente, metto ad Anna per proteggerla perché, come scrivo nel libro, “la disabilità a volte è bastarda, con noi genitori: ci fa accontentare. E accontentarsi impedisce di esplorare, osare, provare, sbagliare, rischiare, ma in qualche modo induce a rinunciare per rimanere in una zona conosciuta e rassicurante.”

La diversità come valore aggiunto, come cosa con cui avere confidenza, questo mi ha lasciato Anna che sorride alla pioggia, per voi è sempre stato così o vivendo Anna avete capito che questo sarebbe stato il vostro approccio?

Siamo immersi nella diversità, viviamo di diversità, la vita è diversità, ma chissà per quale motivo la parola “diversità” ha istintivamente un’accezione negativa. La nostra amica Simona Atzori dice che quando una persona ti dice “sei unico” ci sentiamo bene, se ci dice “sei diverso” non ci fa lo stesso effetto. Eppure ci sta dicendo la stessa e identica cosa. Io sono convinto nel potere generativo delle parole e dovremmo restituire alla parola “diversità” la bellezza che ha e che si merita iniziando ad utilizzarla in positivo fin dalla scuola materna ed elementare. Anna ha, con delicata prepotenza, semplicemente confermato e amplificato tutto questo. In fin dei conti penso che la disabilità esplicita, cioè quella che vediamo con gli occhi, è semplicemente un amplificatore di dinamiche che ci riguardano tutti, indistintamente, nella quotidiana battaglia con nostre disabilità nascoste.

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Dal punto di vista burocratico, dei diritti, cosa cambia quando si ha un bambino con la sindrome di Down?

Purtroppo, e lo dico senza polemica, cambia moltissimo. Un genitore di un figlio con disabilità spesso deve orientarsi e districarsi in percorsi molto lunghi e complicati per vedere riconosciuti diritti che, proprio perché riconosciuti come tali, non possono essere subordinati a competenze e risorse, più o meno importanti, per ottenerli. Credo che come società civile oltre ai “diritti delle persone” (in generale) dovremmo concentrarci sui percorsi per vederli riconosciuti e renderli semplici e accessibili per tutti. Osservo questa dinamica e questa fatica con un po’ di timore perchè, a mio parere, sta generando famiglie e persone molto stanche e arrabbiate contribuendo a generare un clima del “si salvi chi può” facendo percepire il tema dei “diritti” come un qualcosa che “NON mi riguarda” fino a quando non vengo toccato direttamente. Credo invece che, a prescindere dalla disabilità, i “diritti delle persone” sia un tema che riguarda tutti, ma proprio tutti.

Un libro che è stato per te importante e uno che non sei riuscito a finire?

A questo punto mi concedo la risposta più banale, ma per me più vera…anche perchè spesso nelle banalità si nascondo scintille spettacolari. Il libro più importante per me è stato ed è senza dubbio “Il Piccolo Principe”.

Ne porto sempre una copia con me, nel mio zaino, un’edizione piccolissima (sta nel palmo di una mano) che mi ha regalato una carissima amica. Ogni volta che lo vedo e ne sento parlare provo una sensazione di benessere, di ammirazione e di wow. E’ come un “ti voglio bene”: è sempre uguale, ma non ti stanchi mai di sentirlo.
Libri che non sono riuscito a finire ce ne sono tanti e non voglio citarne uno in particolare. Mi è successo più di qualche volta leggendo un thriller, anche best-seller molto famosi, di fermarmi perchè non volevo sapere come andava a finire, forse perchè mi ero già immaginato un mio finale e non volevo rimanere deluso. Ma la magia del libro è anche questa…da una storia nascono mille altre storie. Rimango sempre meravigliato nel ricevere messaggi dai lettori che mi raccontano cosa ha suscitato in loro il mio libro. Pensieri a volte che io proprio non volevo toccare, ma che prendono corpo nell’incontro con la lettura.

Se fossi un libro saresti?

Se fossi un libro vorrei essere il mio libro “firma-copie-lettori” che ho fatto fare prima di iniziare il mio tour di presentazione. Quando ero piccolo sognavo di fare lo scrittore, ma a volte i sogni sono talmente irraggiungibili che non ti permetti neanche di desiderarlo. Nel sogno però immaginavo che, una volta uscito il mio libro, ne avrei fatto stampare uno più grande, uguale, ma con le pagine tutte bianche. Su quelle pagine volevo raccogliere le firme, i pensieri, i disegni di tutte le persone che avrei incontrato nelle mie presentazioni. Così ho fatto e questo libro mi accompagna su e giù per l’Italia nei miei viaggi. Se fossi un libro vorrei essere proprio così: contaminato da pensieri, parole, sorrisi, scarabocchi e firme di tutti gli incontri che ho avuto e avrò.

Progetti per il futuro?

Tanti, anzi tantissimi…ma a questo punto interverrebbe mia moglie Daniela che direbbe “Guido stai calmo!” E anche il prezioso filo che tiene ancorato a terra questo palloncino è un grande dono per me.

 

Grazie Guido per il libro che hai scritto e per l’esempio che date come famiglia. Lo stimolo a frequentare quella che chiami la “zona di imbarazzo”in cui si fanno gli incontri più significativi, dove ci si confronta con le disabilità (esplicite o nascoste) è una cosa molto bella che resta nel cuore di chi legge Anna che sorride alla pioggia.

Grazie a tutti voi!

ANNA CHE SORRIDE ALLA PIOGGIA – SPERLING KUPFER – 2017

 

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