Rock’n’Read intervista Stefano Gilardino dopo aver recensito il suo La Storia Del Punk.
Com’è nata l’idea della Storia Del Punk?
E’ nata perché esiste questa collana di Hoepli di “La Storia del…”, c’era già la storia del rock e la storia del blues, nel ’77-’17 cascava il quarantennale del punk quindi il direttore editoriale della collana, Ezio Guaiatamacchi, mi ha proposto di fare La Storia Del Punk per celebrazione. Da lì è stata una cosa molto elaborata, ho fatto un piano dell’opera molto articolato, è stato approvato ed è partita la stesura del libro.
Ci hai messo tanto a reperire le tantissime nozioni e notizie contenute nella Storia Del Punk?
Da quando abbiamo iniziato a pensarci a quando è stato finito, è passato più o meno un anno, però di scrittura vera e propria sono serviti tra gli otto e i nove mesi. Sono stato abbastanza veloce a scrivere, tutto sommato. Moltissimi degli argomenti che toccavo erano cose che conoscevo già per averli trattati già in passato su riviste o quant’altro. Non erano cose che mi dovevo documentare in maniera approfondita, le sapevo già. E’ stato più semplice di scrivere un libro del quale conosci meno l’argomento. Non volevo che fosse una cosa nozionistica o noiosa, di quelle da consultazione, tipo libri da enciclopedia, tutto in ordine alfabetico, non mi interessava questa cosa. Doveva essere una storia leggibile, godibile sia da chi ne conosce molti risvolti che da chi non ne sa nulla.
Cos’è per te il punk?
Fortunatamente è una cosa personale. E’ servito a creare una mia coscienza politica e sociale, ad affinare i miei gusti musicali. MI ha reso molto più curioso. Spesso si parla del punk come una musica primitiva, banale, fatta con tre accordi. Secondo me invece si è contaminata con decine di altri generi musicali, ha dato vita a un sacco di sottogeneri, si è evoluta in quarant’anni e ha sdoganato quell’idea stupida che il punk è quel tipo di musica per chi non sa suonare, al contrario di generi più nobili che presentano partiture molto più difficili. E’ stata la mia personale rivoluzione. E’ stato un modo per trovare un mio posto nel mondo. Mi ha permesso di fare il lavoro che faccio. Lo scrittore l’ho fatto perché mi piaceva scrivere di musica e ascoltavo il punk e ho cominciato a scrivere di questo. Attorno al punk hanno sempre ruotato argomenti molto profondi come la politica o come l’arte. Poi ho scoperto altri generi crescendo, ma un certo atteggiamento verso il mondo, come dire… una certa intransigenza è restata grazie al punk.
Com’è nato il tuo amore per il punk?
C’è stata una trasmissione Rai che ha dato il via a tutto quanto, ne parlo in La Storia Del Punk. E’ nato anche grazie alla fortuna di aver incrociato gruppi come i Clash, i Ramones, i Sex Pistols, l’hard-core in genere, ogni volta era una scoperta, c’era qualcosa che mi faceva rinnovare o aumentare il mio amore per questa musica. Ho iniziato ad ascoltarla da bambino, avevo 10 anni, e ogni volta che c’era una novità me la vivevo in diretta. Forse, più che in diretta, in differita, ma era qualcosa che progrediva giorno per giorno e ne vivevo la maturazione. E’ stato bello godersela così. Per esempio, un’altra mia grande passione, il glam rock l’ho scoperto che tutti i gruppi erano morti, finiti, sepolti e c’è stato un senso di meraviglia assoluto ma anche un rammarico al pensiero di come poteva essere stata la scena quando era viva e vegeta.
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E’ vero quel detto che tutta la musica nasce a Detroit?
Non sono così sicuro, forse la black music, ma il resto è opinabile. Anche per il punk da lì arrivano cose decisamente importanti. Poi che tutto provenga da lì, no, mi sembra un po’ un’esagerazione. C’è anche la scena elettronica, techno americana, che ha avuto una grossa parte della leggenda di quel genere, però credo che in linea di massima resti un’esagerazione. Come dire che tutto nasca dai Beatles, in un determinato contesto, si può dire così certo, ma è un po’ una forzatura. Pensa solo agli Stati Uniti tra New York, Los Angeles, Seattle, la California, Memphis e Nashville e altri ancora, i posti dove è nata la musica ce ne sono almeno una decina. Insomma, possiamo sfatare il mito, direi.
Cos’è per te punk nel 2017?
Musicalmente ci sono tanti gruppi che portano avanti una contaminazione con altri generi. Cercano di far evolvere una musica che ormai è piuttosto vecchiotta perché ha quarant’anni suonati per cui è anche difficile fare delle cose nuove. E’ anche vero che ci sono un sacco di band che cercano di mantenere uno spirito di un certo tipo. Non avere come primo bisogno il riscontro commerciale, per esempio.
Progetti futuri? Nuovi libri?
Uscirà per Good Fellas una ristampa di un vecchio quaderno di quando io e mio fratello eravamo molto giovani. Io avevo dodici anni e lui diciotto, eravamo di Biella, avevamo iniziato in qualche modo a mappare la scena new wave e punk italiana che stava nascendo. Tra il ’79 e l’81 abbiamo tenuto questo quadernone dove ci annotavamo tutto quello che stava succedendo completandolo con fotografie che trovavamo sui giornali. Tutto scritto a mano, ovviamente. Ristamperemo questo quadernone con alcune interviste aggiunte e in più un cd con gruppi che sono presenti all’interno del quaderno che ci hanno concesso gentilmente un loro brano. Dovrebbe uscire tra aprile e maggio 2018. Ho iniziato anche a scrivere un altro libro, ma per ora il quadernone è il progetto più importante, veloce e immediato.
LA STORIA DEL PUNK – HOEPLI – 2017
Leggi La Storia Del Punk, Rock Is Dead e Intervista Federico Traversa
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