Federico Traversa della Chinaski Edizioni ci concede un’intervista sincera e rockettara.
Com’è nata la casa editrice Chinaski Edizioni?
Era il 2005, e non stavo combinando nulla. Mi era stato pubblicato un libro che aveva fatto parlare la stampa locale ma le vendite erano state irrisorie. Continuavo a fare altre cose per mantenermi, perso in quella giungla di disperati della periferia genovese dove sono cresciuto. Belle menti, zero soldi, zero sogni e tanto nichilismo. Per uscire da quel nulla progettai di creare una specie di factory letteraria per supportare tutti i sognatori dalla penna bollente. Mi sembrò un’idea bellissima. Tra tossici, ex tossici, disoccupati, ubriaconi e disgraziati che frequentavo allora c’era così tanto talento che se fossimo stati capaci di farlo confluire in una proposta un minimo ordinata avremmo creato qualcosa che avrebbe fatto rumore. C’era chi suonava la chitarra, chi dipingeva, chi scriveva poesie, chi era un super esperto di musica. Il fattore D-isgraziati era molto più succoso del fattore X-factor che anni dopo avrebbe tirato fuori Simona Ventura. Lavoravamo tutti al progetto Chinaski con un entusiasmo incredibile. La rabbia, la voglia di rivalsa sociale, il desiderio di realizzare qualcosa di importante non ci faceva sentire né fame né fatica. Eravamo delle vere furie, si lavorava e si stava insieme tutta la notte a discutere di cosa fare e di come farlo. Il nostro ufficio per le riunioni? La saletta fumatori del bar!
Con Marco Porsia e Francesca D’Ancona, che sono con me dall’inizio, e un gruppo di randagi senza Dio, poco alla volta, abbiamo iniziato a pubblicare i primi libri, consci di non poterci permettere errori, e che al primo sbaglio saremmo tornati alle nostre esistenze buie. E proprio questa incertezza ci ha protetti e dato la forza di sopravvivere in un mondo così difficile come quello dell’editoria.
Il catalogo segue una linea editoriale precisa oppure andate anche a intuito?
Entrambe le cose. Le storie rock della collana voices sono le travi portanti del progetto Chinaski e vengono discusse e studiate con grande attenzione, poi ci sono una serie di progetti che nascono dall’intuizione di qualcuno, dall’energia o l’ispirazione del momento.
Come fate a scovare questi splendidi libri molto rock?
Sai cos’è? Pubblichiamo solo quello che ci piacerebbe leggere. Siamo uguali ai nostri lettori. Non sai quante volte arrivano da loro le segnalazioni di storie che noi ci siamo persi. È uno scambio continuo. E poi, dopo aver lavorato con gente tipo Manu Chao e Tonino Carotone, siamo gli ultimi ad andare a dormire…
“Amy & Blake” per esempio ha una portata mediatica incredibile, come siete riusciti a portarlo anche ai lettori italiani?
Quel libro è stato un colpo di fortuna. Ero in viaggio di nozze a Ischia quando uscì il biopic di Amy. Con mia moglie, che è una grande fan della cantante, andammo a vederlo in un cinema di Napoli e all’uscita cercammo informazioni in rete su Blake Fielder Civil, il marito della Winehouse. E ci imbattemmo in questo libro scritto dalla madre di lui, Georgette Civil. Scaricammo l’ebook e passammo la notte a leggerlo. Era triste, potente e dannatamente vero. Così cercai l’editore inglese e gli feci un’offerta per pubblicarlo in Italia. Come vedi è stata ancora la passione per un artista la fiamma iniziale del progetto.
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Quali sono i libri su cui avete speso più energie per produrli? Non solo a livello economico, s’intende.
Quali sono i libri su cui avete speso più energie per produrli? Non solo a livello economico, s’intende.
È una bella domanda. Ciascuno ha avuto le sue difficoltà. Personalmente, e qui te lo dico più come scrittore che come editore, il libro con Tonino Carotone. Un anno di tour fra l’Italia e la Spagna, fra notti infinite e giornate cortissime, una roba ultra gitana. Da editore ti dico invece Michael Jackson Dossier del grande Ken Pailsi. Il libro esplose alla morte di Michael, finendo nella top ten dei libri più venduti del paese. Non eravamo abituati a un simile clamore né a stampare tirature tanto alte, fu un momento bellissimo ma molto stancante, la grande distribuzione non ti da respiro ed è lontana dal nostro mondo, quindi abbiamo fatto fatica… Anche Lo Spettro, la biografia autorizzata di Fabri Fibra scritta da Episch Porzioni ci ha fatto sudare. Fibra è un ragazzo intelligente e molto preciso, volle vedere e rivedere le bozze, ehm… con attenzione. Senza considerare tutti gli aspetti legati al suo business con cui dovemmo fare i conti. Fu comunque interessante e quel libro vendette molto bene.
Cosa deve fare una casa editrice al giorno di oggi per sopravvivere? La passione conta molto oppure c’è solo il conto in banca a farla da padrone?
Oggi la situazione è drammatica. Leggono sempre meno persone ed escono sempre più libri. Anche un bambino capirebbe che così non può funzionare. Le piccole librerie sono in crisi e le grandi catene annaspano. Si fa una gran fatica e l’attenzione deve essere doppia. Per un editore di nicchia come noi l’unica soluzione è realizzare libri di qualità sempre più eccelsa e mantenere un rapporto diretto e continuo col nostro pubblico. Stiamo pensando a diverse soluzioni per fidelizzare i nostri appassionati e farli essere sempre più partecipi del chinaski world!
Come consideri l’attuale situazione della letteratura italiana?
Quale letteratura? Quella che non si pubblica perché non vende? Autori bravi in Italia ce ne sono e ce ne saranno sempre, il problema è che, oggi come oggi, si tende a preferire il grosso nome, mediaticamente forte che però a poco da dire, al giovane autore con un grande romanzo che però non conosce nessuno. Ma d’altronde, oltre che degli editori, la colpa è dei lettori che non ci sono, o che si impegnano solo in testi banali che non richiedono sforzi intellettivi più alti. Ed è un peccato, un peccato mortale, perché il compito della buona letteratura dovrebbe essere proprio quello di ampliare la coscienza di chi legge, aprirgli gli occhi, spingerlo alla riflessione….
Secondo te, i grandi editori rischiano ancora, come nella buona tradizione del mecenatismo, oppure lasciano questo compito coraggioso alle piccole case editrici?
Come scrittore ho pubblicato con un colosso come Mondadori, un medio editore come Baldini e uno piccolo come la mia Chinaski. Ti dico questo: i grossi editori sono aziende, aziende per cui contano solo e unicamente i numeri. Ciò non toglie che nelle maglie della rete ci si possa imbattere in qualche figura appassionata che si prende qualche rischio. I medi editori lavorano allo stesso identico modo dei grossi, solo su scala ridotta. Fra i piccoli invece c’è ovviamente più voglia di osare ma i mezzi sono quelli che sono e, allo stato attuale, affermarsi senza un piano di investimento promozionale importante è quasi proibitivo.
Hai qualche consiglio per uno scrittore esordiente?
Affidarsi sempre e comunque a un editore onesto, e sottolineo onesto. Vedo tanti scegliere la strada dell’auto pubblicazione ma mi pare che in questo modo non si vada oltre l’assecondare un ego trip individuale. Non si può cantare e portare la croce, questo è un mondo duro, l’esperienza di chi lo naviga da tempo è fondamentale. E poi chiedersi sempre, prima di proporre la propria opera, a chi interessa. L’autoreferenzialità è la criptonite della buona scrittura.
Prossime uscite targate Chinaski Edizioni?
Il mese prossimo pubblicheremo Come Essere un Uomo di Duff Mckagan, bassista dei Guns N’Roses. È il secondo libro che facciamo con lui, è un personaggio incredibile che dopo anni d’abusi ha saputo riemergere, laurearsi in economia, tirar su due bambine e non abbassare il volume della sua musica. Poi uscirà, sempre ai primi di novembre, The Who e Roger Daltrey in Italia, di Antonio Pellegrini, una splendida monografia dei concerti della band inglese e del suo rapporto con l’Italia.
Insomma, noi, con i nostri riff di carta, non ci fermiamo mai… d’altronde lo sanno tutti che è vietato sparare sul pianista!
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