Recensione di C’era Il Mare – Fulvio Ervas


Cera Il Mare Recensioni

C’era Il Mare, una citazione:

“Stucky quasi non ascoltava. Scrutava dalla finestra la nebbia di un ottobre caldo e secco come non mai, che ricopriva i primi centimetri di vicolo Dotti, partiva dal rio e si infilava nelle stradine ricordando che le giornate calde non potevano vincere sulle notti fresche, che ciò che evaporava di giorno condensava al buio, come i cattivi pensieri.”

Ho incontrato la sapiente scrittura di Fulvio Ervas qualche anno fa, nelle pagine di “Se ti abbraccio non aver paura”, in cui si descriveva con una delicatezza e sensibilità di raro pregio il viaggio on the road di un padre e del suo ragazzo affetto di autismo.

C’era Il Mare, invece, ancora una volta ci regala un’indagine dell’ispettore Stucky, alla sua ottava comparsa in libreria.

Il primo morto è a Treviso: unico indizio un foglio bianco. Il secondo è a Marghera: qui invece campeggia una scritta rossa.

Le due indagini – e i due scenari – si alternano di capitolo in capitolo, stregandoci con immagini vivide mentre realtà più oscure affiorano qua e là.

Stucky interroga banchieri con le scarpe troppo pulite e profumate, generali in pensione, operai “invisibili” mentre, a casa, il profumo di zucca e zafferano annuncia un’ospite inattesa.

Luana Bertelli invece la sera va la poligono ed insegna alle donne a sparare. Dopo il lavoro sorseggia una birra riflettendo sul caso e pensando agli impegni presi con le nipoti, mentre un piatto di seppioline morbide costituisce un’epifania per pensare al mare ed ai cento anni di vita di Porto Marghera.

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Un terzo morto, all’improvviso, a metà strada tra Treviso e Marghera accelera il tutto. Esistono correlazioni tra i casi, Stucky e la Bertelli corrono insieme unendo tasselli, alla scoperta di cosa unisce le vittime per individuare il movente e scoprire il responsabile dei delitti.

In C’era Il Mare i fedeli lettori di Ervas ritrovano i personaggi che contornano la vita dell’ispettore Stucky, dai colleghi – chi alle prese con lo spagnolo, chi con lo hot yoga – alle sorelle, vicine di vicolo Dotti, Veronica e Sandra, passando per daij Cyrus, lo zio persiano, sempre pieno di risorse.

Ma le protagoniste del libro sono soprattutto Treviso e Marghera. I luoghi fisici e l’umanità diversa che le popola. Treviso borghese, distinta e nobile, forse venata da un velo di ipocrisia. Marghera proletaria, popolare e sanguigna, schiacciata dal passato e che forse, come l’ispettore, ha “perso il nord”.

“però Marghera ha un’altra profondità. È stato il lavoro moderno scagliato, suo malgrado, contro la bellezza accumulata a Venezia, come se il tempo denso delle fabbriche volesse sconfiggere il suo passato, i lenti sedimenti del tempo stesso. O, più semplicemente, è l’esempio di come fare profitto troppo velocemente, senza visione, sia distruttivo”.

Fulvio Ervas, nato nell’entroterra veneziano e con famigliari e amici che hanno lavorato nei cantieri di Marghera, è un maestro nel restituirci gli scenari, le atmosfere, i retaggi ed anche gli odori di quel milieu, trasfigurando nel libro le sue passioni e raccontandoci un pezzo di Storia d’Italia, con uno stile schietto ma con tratti di grande lirismo.

Spinoza, filosofo amato da un poliziotto collega della Bertelli, sosteneva che le azioni umane non vanno derise, compiante o detestate: vanno comprese. Un po’ come le inchieste, che talvolta sono soltanto sfasature temporali, inciampi.

Solo dopo aver preso coscienza di ciò, sarà più facile riallacciare i fili del mistero.

C’ERA IL MARE – MARCOS Y MARCOS – 2018

 

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