Recensione di Nagori – Ryoko Sekiguchi

Recensione di Nagori – Ryoko Sekiguchi

Nagori, una citazione:

“Ogni odore mi portava la presenza di altri esseri, facendomi capire che era questo, la stagione: un profumo, una traccia di un istante di presenza.

Nagori è un’elegante riflessione su una parola “lost in translation”.

Hashiri, sakari, nagori: sono questi i tre termini usati in giapponese per descrivere lo stato di stagionalità di un prodotto.

Se i primi due sono di immediata comprensione e condivisi da numerose culture – indicano, infatti, rispettivamente il concetto di «primizia» e di «piena stagione» – nagori è un’idea intraducibile, che corrisponde a quella che si potrebbe definire una «retro-stagione».

Per essere nagori un frutto, ad esempio, deve essere consumato al termine del suo periodo di maturazione, e si può quindi considerare di fine stagione.

Per ritrovarne il sapore, bisognerà rassegnarsi al ciclo delle stagioni e attendere l’anno successivo: nagori allora è la nostalgia della stagione giunta al termine che ci lascia, e che siamo costretti a lasciare.

Letteralmente «traccia», «presenza», nagori abbraccia un significato piú ampio.

È l’atmosfera di qualcosa che non esiste più, come quella di una casa che evoca il ricordo di coloro che l’hanno abitata; ciò che rimane dopo il passaggio di una persona, di un oggetto, di un avvenimento; o il momento del saluto, prima di una partenza o di una separazione definitiva.

In tale prospettiva, attaccamento, ricordo e temporalità si mescolano.

È dal concetto di nagori e dalle sue implicazioni nel nostro rapporto con le stagioni, la natura e il tempo che prende le mosse questa affascinante riflessione.

Ha ancora senso oggi parlare di «stagioni»?

Le suddividiamo, delimitiamo, classifichiamo, desideriamo o trascuriamo continuamente, ma secondo quali criteri? Quante stagioni ci sono davvero in un anno, in una cucina, in una vita?

Il tempo, come tante altre cose intangibili, può davvero essere catalogato, addomesticato?

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Dal Giappone alla Francia passando per Roma, tra memoir e poesia, racconto della natura e del cibo, Nagori è una piccola guida letteraria alla scoperta di una visione tutta giapponese dell’arte e della gastronomia.

Se la nostra nostalgia non è, etimologicamente, altro che il “dolore del ritorno”, il termine giapponese accoglie in sé una dimensione ancor più sottile.

Partendo da una riflessione sul nostro legame con le stagioni e la natura, Ryoko Sekiguchi traccia un percorso incantevole che popola quello spazio intimo sospeso tra malinconia e attesa.

Ryoko Sekiguchi, nata a Tokyo nel 1970, vive a Parigi da oltre vent’anni. E’ poetessa, scrittrice, traduttrice, critica gastronomica.

La sua prosa è caratterizzata da leggerezza, quasi impalpabile come tela di ragno. Traspare il suo gusto per il transitorio, la sua abilità, attraverso parole semplici, nel costruire un mondo da esplorare attraverso la vista, il gusto e l’olfatto.

Nagori fa pensare a un origami: un artefatto all’apparenza semplice, che però nasconde una struttura molto complessa.

Una piccola parola che ci invita a ripensare il nostro rapporto con il tempo, a riflettere sulla presenza di una mancanza.

Un’estetica della nostalgia, che diviene una forma di bellezza serena.

NAGORI – EINAUDI – 2022

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