Session Man, una citazione:
“Come avevo potuto constatare tanto tempo prima durante la tournée con i Kinks, la vita familiare e il rock non vanno d’accordo. C’era una tendenza à la Dr. Jekyll e Mr. Hyde, e anche se amavo i miei figli e la mia casa, l’attrazione per la libertà e la fratellanza che si provavano durante i viaggi e i turni di studio era davvero potente. La musica e la reazione del pubblico durante uno spettacolo sono state l’unica droga da cui io sia mai stato veramente dipendente.”
La storia della musica contemporanea è stata per lungo tempo legata a una forma di culto della personalità.
Le grandi band e i grandi solisti rock e pop sono stati celebrati per l’estremismo e l’eccentricità delle loro vite, per la capacità di incarnare o addirittura anticipare lo spirito dei tempi, per le scelte controcorrente che li hanno trasformati in icone del gusto e della società.
La musica è però popolata da tante altre figure che hanno preferito restare nell’ombra, sottraendosi alle luci della ribalta e fuggendone gli effetti più distruttivi.
Artisti a loro volta, virtuosi dello strumento quanto dell’understatement, capaci di collaborare con alcuni tra i personaggi più creativi e popolari della scena rock e pop.
È il caso di Phil Palmer, che ha prestato la sua chitarra ad alcuni dei set live e delle produzioni musicali più ammirati (è suo, per esempio, l’assolo in «Con il nastro rosa» di Lucio Battisti, considerato da molti il più bello nella storia del pop italiano).
In Session Man racconta la sua vita, dagli anni dell’adolescenza e dell’avvicinamento alla musica tramite gli zii Ray e Dave Davies (i Kinks) agli incontri con i grandi del rock, del blues, del soul, cui dedica ritratti appassionati e profondi.
Scorrono così davanti ai nostri occhi alcuni dei nomi più importanti della musica contemporanea, da David Bowie a Eric Clapton, dai Dire Straits a George Michael, fino ai grandi artisti italiani con cui Palmer ha collaborato negli ultimi anni della sua carriera.
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Phil Palmer, classe 1952, chitarrista jazz e rock, è tra i più noti turnisti internazionali.
Session Man è un memoir avvincente che non solo racconta il percorso musicale di Palmer, ma anche il complesso e affascinante mondo dei musicisti.
Con uno stile di scrittura diretto e colloquiale, Palmer ci guida dietro le quinte di una carriera costellata di collaborazioni con artisti di fama mondiale, attraversando una moltitudine di generi musicali.
In Session Man troviamo ricordi di infanzia, riflessioni nostalgiche, episodi divertenti ed altri poco edificanti, momenti di soddisfazione professionale ed altri di profondo scoramento.
Soprattutto, questa è una biografia che racconta una traiettoria artistica ed esistenziale senza troppi filtri, anche se Palmer ha deciso di stendere un velo di riserbo, verosimilmente, su diversi episodi ed artisti.
Palmer ha prestato la chitarra a Iggy Pop, con Bowie in versione produttore. Dopo ha guardato le spalle a Eric Clapton ai tempi dei tour mondiali vestiti Versace. E suonato gomito a gomito con Mark Knopfler nei Dire Straits. Da noi, ha collaborato anche con Eros Ramazzotti e Claudio Baglioni, accompagnato Renato Zero, duettato con Pino Daniele.
Questo libro è un fiume in piena di aneddoti sulla golden age del rock, come le corse in moto di Bonzo Bonham sul tetto di un hotel californiano o la volta in cui suggerì gli accordi a George Harrison.
Solo per dare un’idea della sua lunga carriera, Phil Palmer è apparso in più di 5.000 canzoni, 500 album in studio e oltre 50 singoli numero uno in tutto il mondo.
Session Man si rivela una lettura appassionante, che dà finalmente lustro ad una categoria di musicisti – i turnisti – che rimane troppo spesso relegata nell’ombra.
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