Così Fan Frutti è un libro sugli alberi, la natura, la scienza, una storia di famiglia e dell’intero pianeta che inizia con Gianni Rodari e prosegue con Van Gogh, Botticelli, Arcimboldo e la Bibbia, Isaac Newton e la legge gravitazionale, Esopo…
Perché dove ci sono alberi da frutto c’è la Vita, con tutto ciò che questa, meravigliosamente, porta con sé.
“Questo libro è un frutteto di parole, immagini, dissertazioni scientifiche; un forziere di benefici che aiuterà, chi si è distratto e ne ignora le proprietà culturali e taumaturgiche, a ricordare o apprendere tutta la saggezza di queste creature della natura che sono come i nostri nonni: ci fanno bene. A patto che le ascoltiamo, curiamo e ce ne mangiamo i frutti“.
Il primo albero che incontriamo in questo viaggio è l’ulivo, che per le sue proprietà fece vincere la disputa con Poseidone ad Atena per il patrocinio della città, presente nella storia dell’arte fino ai giorni nostri e simbolo di Pace, la cui letteratura ne ha riconosciuto la forza, che si evince quando Ulisse torna a casa e non vuole spostare il talamo nuziale perché ricavato direttamente dal tronco di un ulivo.
Così “La primordiale radice del loro amore si è dunque salvata e la vita nuziale può riprendere“.
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In Così Fan Frutti poi c’è il mandorlo, l’albero della mela annurca, l’elisir di lunga vita di cui scrisse anche Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, il ciliegio, il pistacchio, che ho scoperto essere un albero gender-free perché può essere maschio, femmina o avere forme ibride.
“Anche se da buona pianta siciliana è quella maschile a farla da padrone, almeno nella riproduzione, poiché è in grado di fecondare sino a dieci alberi femmine“.
Interessante la storia del carrubo, i cui frutti erano considerati il cacao del Mediterraneo, aventi molte proprietà terapeutiche ma che porta con sé l’immeritata fama di albero povero, le cui carrube sarebbero destinate solo ai porci e chi li accudisce.
Passiamo poi attraverso la storia del banano, l’albero Pop, il gelso, il melo cotogno, il kaki, il giuggiolo, il noce, il pero e tanti altri… fino al fico d’india, che produce uno tra i miei frutti preferiti.
“Indubbiamente, la coltura di questo soggetto botanico alquanto bizzarri a cominciare dal suo nome più noto – in India non cresce, perciò si pensa che sia stato niente meno che Cristoforo Colombo a chiamarlo così per un errore di rotta – è propria della parte meridionale del continente nord americano dovei rami, dopo essere stati ben puliti e cotti, venivano impiegati dalle popolazioni mesoamericane come alimenti negli stufati e insalate, così come fonte di nutrimento per il bestiame. I frutti sono invece mangiati freschi, spremuti, tramutati in sciroppi e confetture”.
Buona lettura!
COSÌ FAN FRUTTI – PENDRAGON – 2024
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