Renato Marengo, l‘autore di Parole di Lucio, ci concede una splendida intervista.
Cosa si prova a ricordare cinque giorni storici passati in compagnia di Lucio Battisti, magistralmente descritti nel tuo libro, Parole di Lucio?
Per chi come te ha letto già il libro sarà più facile comprendere quello che ora ti risponderò, per chi non ha ancora letto il libro sembrerà molto strano che io consideri Lucio una persona, degna certamente di rispetto in quanto grande compositore ma prescindendo assolutamente dalla sua grandissima popolarità che non provocava in me nessun tipo di gap reverenziale.
Sono stati cinque giorni molto interessanti perché ho scoperto, ascoltando la sua musica ma anche le sue considerazioni e i motivi di ispirazione di ogni brano, i punti di riferimento, le scelte di strumenti, di effetti, equilibri nei missaggi. Ma abbiamo parlato di artisti che ci piacevano, di cosa ascoltavamo ed io ho scoperto che lui conosceva tanti grandi protagonisti del rock internazionale, condivideva gli stili, ma andava avanti o comunque col bagaglio di conoscenze era agevolato nelle scelte. Insomma Il più famoso cantante di pop italiano era un grande compositore, uno straordinario arrangiatore e la sua musica, che finalmente riusciva a venir fuori dal gigantesco divo che sino ad allora aveva oscurato o comunque tenuto in sordina il musicista. Cinque giorni durante i quali mi ha raccontato come il suo viaggio in America Latina fatto pochi mesi prima gli avesse aperto orizzonti diversi, il contatto, con la gente e con musicisti popolari spontanei, rapporti con gli altri non falsati dall’ingombranza del divo come avveniva in Italia, in Europa dove era famoso e quindi inavvicinabile. Scoprire che dietro quel bel faccino con i riccioli e la voce sexy che faceva impazzire le ragazzine e innamorare le persone ci fosse un grande compositore mi stupì non poco e fece scattare un rapporto di stima e di amicizia per un personaggio che sino ad allora, prima di conoscerlo reputavo un divo della canzone, certamente bravo, certamente buon arrangiatore ma che pensavo non c’entrasse nulla con noi del rock, con i gruppi internazionali o col prog, col funky, col jazzrock, c’entrava e come. Ed era tra i più bravi a livello internazionale. Poi era addirittura simpatico, spiritoso, lui con me, il produttore di Tony Esposito, di Bennato, della NCCP, conversava piacevolmente di musica, di viaggi, di persone, di vita privata. Non sapeva che io fossi un giornalista, ma io non gli stavo tendendo un agguato, ero lì a fare amicizia con quello che avevo scoperto, ascoltando Anima Latina, essere un grande compositore. Altro che canzonette…
Credi nel destino oppure pensi che in questo mondo niente sia a caso?
Beh a me il destino ha riservato molte sorprese e tutte quasi casuali o comunque non premeditate. Non vorrei parafrasare una famosissima frase del film Blade Runner ma è quella che rende l’idea: …Ho visto cose… Ho incontrato Frank Zappa, ho intervistato in esclusiva non solo Battisti ma anche John Cage, ho realizzato per la Rai il concerto italiano con il maggior numero di artisti famosi italiani, Il Concerto per Demetrio Stratos voluto da Gianni Sassi e presentato da me col dolore per la morte di Demetrio Stratos e con tutta la passione e l’affetto possibili. L’intervista a Battisti non era premeditata né prevista, il destino ha voluto che io fossi lì al momento giusto mentre, come ho scritto l’anima gli stava diventando latina
Cosa è per te il rock?
Io mi sono immerso nella musica facendo della mia passione anche il mio lavoro in un periodo in cui la protesta sociale di noi giovani del ’68, le scelte esistenziali, artistiche, di vita, di lavoro coincidevano con l’impegno politico, contro la guerra in Vietnam, contro lo sfruttamento dei più deboli, degli operai della Fiat, contro l’obbligo della cravatta a scuola… per l’uguaglianza dei diritti delle donne, e abbiamo scelto il rock per far sentire la nostra protesta, per riunirci nei grandi raduni musicali e per urlare e per contarci. Per me rock è certamente un genere musicale fatto di testi impegnati e di protesta, fatto di chitarre, batteria e tastiere, di rottura ma è anche un modo di vivere una scelta di rottura col nazionalpopolare con Sanremo, con le rassicuranti canzoncine sentimentalistiche. Dylan è rock, i Rolling Stones, i Beatles sono rock, Il Napule’s Power, movimento certamente rock che chiamai così aggregando Bennato, Pino Daniele, la NCCP, Napoli Centrale, Tony Esposito, MusicaNova, Teresa De Sio, gli Osanna, Avitabile, Alan Sorrenti, i Saint Just, sono rock. Ho riso molto quando, un paio di anni fa, con una cinquantina di anni di ritardo, Celentano in tv ha scoperto che rock è un modo di vivere… Per me rock è stato anche quando, come produttore della Nuova Compagnia di Canto Popolare ho portato il gruppo a Milano ad aprire un concerto della PFM. E il popolo del rock si è messo a ballare le tammurriate in piedi sulle poltrone del teatro Verdi.
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Quante persone hanno sfruttato la tua esperienza con Lucio Battisti? E quante ti hanno citato oppure almeno interpellato?
Quando fu pubblicata l’intervista esclusiva a Battisti, il settimanale Ciao 2001 per il quale scrivevo, bibbia del rock in quegli anni, vendette oltre 500 mila copie. In tanti ripresero righe, capitoli, pagine di quell’intervista, erano le uniche parole mai pronunciate da Battisti in persona su di sé, sulla sua musica, sulla trasformazione che stava operando dando maggior spazio al musicista. Negli anni quella intervista è stata utilizzata da molti autori di libri di Battisti, ne ho contati più di 40 che hanno sezionato l’intervista facendone il corpo stesso dei loro libri, qualcuno l’ha ripubblicata, abusivamente, integralmente. Beh poi sono state scritte cose anche non vere, che l’intervista fosse stata inventata, o commissionata, o “pagata” da Mogol o comunque mai avvenuta… (!!!) beh quindi occorreva proprio che io raccontassi sia come era avvenuta sia, chi fosse presente mentre avveniva e tanti altri particolari in un libro mio che facesse chiarezza. Non ce l’ho con chi ha copiato o saccheggiato la mia intervista, tanto plagio tanta gloria… Ce l’avevo con chi ha scritto cose non vere, calunnie, ma anche con chi raccontava che Battisti fosse un orso, un caratteraccio, ostile con tutti o che finanziasse gruppi di estrema destra. No, lui ce l’aveva con gli pseudo giornalisti incolti e a caccia di scandali. E quelli a cui non concedeva interviste perchè temeva che prima o poi avrebbero parlato della sua vita privata, e non della sua musica, hanno messo in giro la voce dell’orso.
Come sei riuscito a convincere Lucio Battisti che eri dalla sua parte e non volevi sfruttare la situazione?
Beh questo è il piatto forte del libro, lasciamolo scoprire ai lettori… Posso dirti che il merito fu tutto della musica, del fatto che sia lui che io parlavamo la stessa lingua, una lingua musicale.
Definisci Anima Latina, la svolta rock di Battisti. E’ stato coraggioso andando anche forse contro le intenzioni di Mogol. Credi che nella scena attuale ci sia qualcuno in grado di rischiare tanto per assecondare il proprio bisogno di esprimersi?
Beh non facciamone una scelta eroica, quella di Battisti. Il cambiamento è scattato in lui dopo che comunque aveva venduto decine di milioni di copie, meno male che ha avuto questa sorta di crisi, questa esigenza di riacquisire contatto con la gente, di dare maggior rilievo al suo ruolo di compositore ribellandosi al suo status da divo e a uno schema predefinito mirante soprattutto ad assicurarsi la continuità del predominio nelle classifica altrimenti quel capolavoro che è Anima Latina non l’avremmo mai ascoltato. Anima Latina è certamente il momento più evidente della sua svolta rock.
Ci racconti i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a sostenere il nuovo, la musica e il cinema giovane, a tentare di dare visibilità a chi non ce l’ha, a stimolare sia quel che rimane della discografia sia le istituzioni a fare qualcosa per la ricerca musicale, la creatività, il talento. Continuo a scrivere su Classic Rock e altre testate musicali, continuo a fare radio professionalmente e ad insegnare ai giovani aspiranti compositori di colonne sonore che frequentano l’Accademia di Cinema Griffith di Roma oltre al significato del rapporto suono-immagini, i migliori modi per entrare in contatto col mondo della produzione, cinematografica, con compositori famosi, registi, editori con quelle figure professionali spesso inavvicinabili pe gli esordienti, continuo a dare chance alla creatività.
PAROLE DI LUCIO – CHINASKI EDIZIONI – 2016
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