Recensione di Cielo Rosso Al Mattino – Paul Lynch


Cielo rosso al mattino Recensioni

In Cielo Rosso Al Mattino riaffiorano tutti i temi più nefasti della storia d’Irlanda.

La povertà, la crudeltà, gli stenti, la fuga. Il tutto racchiuso in un racconto tormentato, per certi versi banale ma profondamente angoscioso.

Paul Lynch per conquistare l’attenzione del lettore si serve di una delle tante strazianti storie che hanno segnato, nel XIX secolo, il destino di molti abitanti dell’isola verde.

Quella di un contadino come tanti, un contadino irlandese.

Cacciato dalla fattoria in cui vive con la sua famiglia, Coyle, in preda alla collera, affronta il figlio del proprietario terriero. Uccidendolo, per sbaglio.

Da quel momento è una fuga continua. In stile “ciak, si gira!”

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L’evasione di Coll Coyle prende forma attraverso un continuo girovagare senza meta. L’importante è allontanarsi più possibile dagli spietati uomini che gli danno la caccia: Faller e la sua cricca.

Partendo dalle paludose terre della contea del Donegal. Passando per Derry. Paesaggi sconosciuti, terre desolate dove immergersi nei pensieri più cupi: “All’ingresso della città, palazzi afflosciati e offuscati dalla nebbia, strade appannate e prive di vita.”

Poi la voglia di trovare un approdo sicuro, gli Stati Uniti. Il viaggio verso la terra promessa continua sulla stessa falsa riga. L’arrivo, la ricerca di un lavoro onesto. Ma lo scenario è persino più nefasto: “Si grattavano i capelli infestati di pidocchi e conficcavano le unghie nelle cimici che succhiavano attraverso i loro vestiti.”

La scrittura di Cielo Rosso Al Mattino, a tratti sorniona, si fa sempre più descrittiva. I verdi campi, la città che vive, il mare, le sterminate campagne. Le parole sembrano scorrere come semplice didascalia in un susseguirsi di panoramiche che riescono a sedurre il lettore. 

Angoscia e inquietudine non abbandonano per un momento le pagine del romanzo. La miseria che infesta la povera gente irlandese non solleva di certo il morale di Coyle. Tantomeno quello del lettore, costretto ad imbattersi in uno scenario a dir poco penoso:

“Sui volti portavano i segni della terra, della polvere e del fango, sotto la scorza il pallore grigiastro di una pelle che non veniva mai toccata dai raggi del sole.”

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Lo scrittore di Limerick manifesta con forza il disagio vissuto da molti suoi connazionali costretti a sopravvivere in condizioni disumane. In questo, le pagine di Lynch, suonano quasi come una denuncia.

Nella costante volontà di ricongiungersi con i propri affetti, emerge prepotentemente quella nostalgia che ha contraddistinto l’esistenza di molti irlandesi costretti a fuggire dalla terra natia alla ricerca di una vita migliore. Perché martoriati dalle epidemie e soggiogati dal dominio britannico.

Gente con dignità da vendere. Ma, senza dubbio, vittima di un profondo senso di abbandono.

“Nessuno lo notò mettersi in marcia con aria cupa, stanco e schiacciato da un terribile senso di solitudine, verso strade che si facevano sempre più silenziose intorno a lui.”

CIELO ROSSO AL MATTINO – 66THAND2ND – 2017

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