Recensione di La Festa Nera – Violetta Bellocchio

Recensione di La Festa Nera – Violetta Bellocchio

La Festa Nera, una citazione:

“Sei mesi fa c’è stata la fine del mondo. La realtà, per come la conoscevamo noi, è scomparsa. (…) Ed è buffo, perché tante persone credono ancora che la fine del mondo sia un fatto di grattacieli che crollano, cielo rosso sparato e bambini che piangono, e continuano a crederci anche se stanno già vivendo in mezzo alle macerie, e le persone si chiedono come reagirebbero, loro, se perdessero tutto da un momento all’altro – ma nessuno pensa mai che possa succedere a lui – mentre noi tre siamo la prova che nessuno è al sicuro.”

I tre sono i protagonisti di La Festa Nera di Violetta Bellocchio, secondo atto della collana Altrove di Chiarelettere, dedicata alle narrazioni che indagano il futuro.

Prima che la loro fama sul web andasse a ramengo, Ali (la voce narrante del romanzo), Misha (youtuber, volto e voce del progetto) e Nicola (il cameraman compagno di Misha) realizzavano video dove andavano a caccia delle stranezze, dello scandalo e del facile commento a vicende incredibili e particolari.

A distanza di sei mesi dal baratro – un loro video che ha scatenato l’odio del web community, facendo terra bruciata della loro attività – i tre decidono di fare un tentativo per recuperare la considerazione perduta e partono per le terre desolate da epidemie e carestie della Val Trebbia, al fine di realizzare un documentario sulle comunità autarchiche che vi abitano.

Nell’Italia del 2026, fare documentari è un lavoro socialmente utile, l’ultimo stadio di un’umanità che ha scelto il tracollo come aspirazione esistenziale. C’è stata la fine del mondo che, invece di catastrofi ambientali, ha portato solo alla consapevolezza di vivere già tra le rovine, in cui il perdere tutto diventa una disperata rincorsa alla vendibilità della propria storia.

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“Ed è buffo, perché tante persone credono ancora che la fine del mondo sia un fatto di grattacieli che crollano, cielo rosso sparato e bambini che piangono, e continuano a crederci anche se stanno già vivendo in mezzo alle macerie ..”

La struttura narrativa di La Festa Nera ricalca le tappe del viaggio che presenta un’umanità sparsa e trincerata nelle forme di fanatismo che le sono più congeniali.

Ci sono comunità-stato di soli uomini profondamente misogini. Hipster eremiti che ripudiano la tecnologia. Famiglie integraliste che credono in un’Apocalisse ormai passata di moda, un misterioso guaritore, “il Padre”, capace di sanare ogni malattia per un giusto prezzo, strambe scuole che insegnano agli infanti a maneggiare armi da fuoco.

Un futuro in cui l’umanità si è chiusa in bolle, “per sopravvivere o per idee malintese”, come la stessa autrice ha dichiarato in una intervista. La chiusura ed il rifiuto dell’”altro”, come sopravvivenza.

Le atmosfere distopiche del romanzo ricordano ‘La Strada’ di Cormac McCarthy. Ma anche la cupa disperazione de ‘L’odio’ di Kassovitz.

La scrittura della Bellocchio è asciutta, ma palpitante. Pointiste, si direbbe in pittura.

Un reportage futuribile in cui i protagonisti non hanno niente, non credono in niente. Anti-eroi nichilisti, immersi in un flusso di accadimenti attaccato a un presente filmabile, da convertire in formato e file.

Nel mondo post-tutto della festa nera, il viaggio dei protagonisti in questa wasted land ci appalesa il Nulla nel quale siamo arrivati. Tutti proni, chini alla festa mediatica. Vendere tutto, per un like. Mentre tutto scorre. Persino la fine del mondo.

Domani quando.

Domani cosa.

Domani un cazzo.

LA FESTA NERA – CHIARELETTERE – 2018

 

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