Nomadland, una citazione:
“Ambulanti, vagabondi, lavoratori stagionali e anime inquiete ci sono sempre stati. Ma adesso, nel secondo millennio, un nuovo tipo di tribù errante sta emergendo. Persone che non avevano mai immaginato di diventare nomadi si mettono in viaggio. Abbandonano case e appartamenti tradizionali per vivere in quelli che alcuni chiamano “immobili su ruote” ….”
Nomadland è un racconto-inchiesta della giornalista Jessica Bruder.
Da questo libro è tratto il film omonimo di Chloé Zhao, vincitore la scorsa notte degli Oscar per miglior film, regia e ruolo di attrice protagonista.
Nella cultura americana la free way rappresenta più di un semplice territorio di passaggio, più di un tratto che unisce geograficamente due punti.
Rappresenta il pionerismo, il tratto distintivo dell’America.
La scelta di una vita nomade è all’origine della storia della nazione.
Ogni giorno in USA, il Paese più ricco del mondo, sempre più persone si trovano a dover scegliere tra pagare l’affitto o mettere il cibo in tavola.
Di fronte a questo dilemma insormontabile, molti decidono di abbandonare la vita sedentaria per mettersi in viaggio.
In una società in cui basta un ricovero in ospedale al momento sbagliato per mandare in fumo i risparmi di una vita, in cui la previdenza sociale è praticamente inesistente e il peso dei debiti spinge molti alla disperazione, donne e uomini in età da pensione hanno iniziato a migrare da un lato all’altro del Paese.
Si spostano attraverso i mezzi di trasporto più disparati, tra un lavoro precario e l’altro come workcamper ovvero manodopera di uso immediato, in cerca di lavori stagionali.
I workcamper appaiono dove e quando sono richiesti, portando con sé le proprie case e non rimangono abbastanza a lungo per organizzarsi in sindacati.
Tra loro Linda May: una nonna di 64 anni, dai capelli grigi, che vive viaggiando su un 28 piedi, e Bob Wells, diventato vero pilastro della comunità dei nomadi dopo anni di sofferenza e fallimenti.
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Nomadland ci accompagna in un viaggio indimenticabile attraverso la vita, i sogni e le speranze di questi nomadi del terzo millennio.
Scopriremo che, squarciato il velo illusorio del Sogno Americano, è forse possibile scorgere una nuova realtà, più umana, più solidale, più bella.
Jessica Bruder ha intrapreso un viaggio on the road su un furgone, facendo amicizia e raccogliendo confidenze ed esperienze di questi nuovi nomadi.
Pensionati, disoccupati, disillusi e anime girovaghe che si spostano incessantemente per risparmiare e recuperare quella libertà negata da una società che sembra non aver più spazio per vecchi e bisognosi.
In tre anni di reportage, la Bruder ha coperto in viaggio più di 24.000 km, da un confine all’altro e da costa a costa, intervistando e conoscendo centinaia di persone.
Storie di vita che si dipanano lungo le “Strade blu” descritte da William Least Heat-Moon e che riecheggiano l’insegnamento della ricerca della semplicità del “Walden” di Henry Thoreau.
Ma, come nella Grande Depressione descritta da “Furore” di Steinbeck, anche in Nomadland viviamo il lato oscuro della terra promessa, in cui la manodopera è sfruttata e mal pagata e dove ciascuno porta con sé la propria indigenza “come un marchio d’infamia”.
In queste tribù composite e itineranti, emerge però un’umanità indomita, grazie alla quale emergono legami, affetti, mutuo soccorso e solidarietà.
Qualcuno li chiama “senza tetto”, i nuovi nomadi preferiscono definirsi “senza casa”.
L’ultimo luogo libero d’America è un parcheggio.
NOMADLAND – EDIZIONI CLICHY – 2020
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