Stagno. Dove annegare i propri pensieri, dove pulire la propria coscienza.
Fuggire dalla quotidianità non è mai semplice. Fuggire dai ritmi infernali, stravolgere l’ordinarietà prestabilita. Ci vuole coraggio, è necessaria quell’imprudenza capace di abbattere i muri dei luoghi comuni, delle banalità.
È un po’ quello che accade nella campagna irlandese. Una donna fugge dalle proprie consuetudini quotidiane e dal dottorato per rifugiarsi in un cottage della costa atlantica d’Irlanda.
Qui può vivere, sentire, assaporare.
Il suo isolamento è quasi completo, vive ai margini, lontano da una società piena di isterismi e di grida, zeppa di frenesia e di un’instabilità che sembra cronica. Qui riflette, comprende, apprezza: “I cambiamenti su larga scala infatti non mi suscitavano il minimo interesse; era piuttosto la costanza delle piccole cose ad attrarmi.”
La sua routine si trasforma presto. Diventa ricca di sensazioni, di percezioni, di emozioni. Tutto è vissuto al massimo, nulla è lasciato intentato. La natura la fa da padrone, gli oggetti sono i suoi fedeli compagni, i colori arricchiscono la sua nuova esistenza.
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Questa donna non ha un nome, non lascia troppe notizie di sé. Ma ha una mente che viaggia, si muove di continuo, in un turbinio di pensieri, di riflessioni. Tutto assume un significato, tutto ciò che la circonda viene amplificato. I particolari assumono un valore rilevante, quasi schiacciante. I gesti più importanti sono quelli semplici, quelli lenti. Tutto ciò che la circonda prende il sopravvento, prende un senso.
L’umanità c’è ma fa quasi da contorto. Qualche amico, sporadici amanti, i vicini. La natura vince, sconfigge, quasi distrugge questa collettività di passaggio. L’importante è raccontare, non raccontarsi: “E ogni suono era un piolo che mi portava ancora più su, e in questo modo mi era possibile salire parecchio in alto, arrampicarmi al di là delle nuvole, verso un’esuberanza da volatili, dove non c’è nulla se non una luce ininterrotta e acri di blu.”
Stagno è un monologo a tutti gli effetti. Questo continuo flusso di coscienza esce prepotente dalle pagine, senza voler essere giudicato. Senza remore.
La solitudine permette alla protagonista di aprirsi liberamente, priva di indugi, a tutto gas. I piaceri della vita ci sono ma sono relegati in un angolo, soppiantati da un’introspezione che scaccia ogni traccia di socialità, di vita reale: “Un respiro profondo prima di sorgere e splendere. Voglio proprio comunicare tutto ciò, dirti della luna e della sua titubante autonomia e di come la incoraggio a riacquistare il controllo…”
L’autrice Claire-Louise Bennett presenta un romanzo non facile, un labirinto dove è difficile trovare la giusta strada interpretativa. Le sensazioni, le pulsioni emotive, la sensibilità: tutti ingredienti che Stagno custodisce per sé gelosamente. A volte, donandoli al lettore. Amorevolmente.
“Bevo alla vostra; bevo alla mia. Bevo per dissodare e fortificare una mente a senso unico e d’improvviso, nel giro di poco, il sangue si arrende, si rimescola lungo i vecchi canali, e non so più cosa sia una mossa falsa.”
STAGNO – BOMPIANI – 2019
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