Recensione di Diario D’Irlanda – Heinrich Boll

Recensione di Diario D’Irlanda – Heinrich Boll

Diario D’Irlanda è una tavolozza a cielo aperto. È un ritratto autentico dell’isola verde.

Nel romanzo dello scrittore tedesco e premio Nobel, Heinrich Boll, non manca proprio nulla. Speranza, leggerezza, inquietudine. E si riconosce un non troppo nascosto velo di malinconia che fa da sfondo alle vicende raccontate dall’autore.

Il tema centrale è il viaggio effettuato proprio da Boll in un’Irlanda degli anni ’50. Un percorso pieno di curiosità in compagnia della sua famiglia: la moglie e i suoi tre figli.

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Il racconto è diviso in 18 capitoli. Capitoli così diversi ma così legati tra loro: immagini, personaggi e paesaggi si mescolano a dialoghi intensi, si confondono piacevolmente tra scambi di battute pieni di significato.

Heinrich sbarca nella capitale, a Dublino, una città dal duplice volto, un affresco dalla doppia facciata:

“L’oscurità incombeva su Dublino, tutte le sfumature di grigio che intercorrono fra il nero e il bianco si erano scelte ognuna una sua nuvoletta e il cielo era come coperto da un piumaggio d’infiniti grigi; non una striscia, non un brandello di verde d’Irlanda…”

Dublino. Frizzante ed esuberante come i suoi abitanti, triste e sconsolata come gli irlandesi:

“Io credo che voi siate più felici di quanto sappiate; e se sapeste quanto siete felici trovereste già un motivo per essere infelici. Avete molti motivi di essere infelici, ma voi amate la poesia dell’infelicità…”

Limerick, Galway, ancora Dublino. Diario D’Irlanda ripercorre l’isola a fermate. Stazioni dove si possono incontrare le persone più bizzarre, dove si può restare stregati da storie tinte di fascino.

Boll proviene dalla Germania. Un paese lacerato dalla guerra, che suo malgrado porta con sé i demoni del Nazismo. Vorrebbe conoscere l’Irlanda, vorrebbe quasi comprenderla. Vorrebbe capire per quale motivo molti dei suoi abitanti siano costretti ad abbandonarla, quasi non si capacita delle disgrazie che storicamente l’hanno colpita, prima fra tutte la carestia:

“Questi sono gli addii alle stazioni d’Irlanda, alle fermate degli autobus in mezzo alla palude, quando le lacrime si mescolano alle gocce della pioggia e il vento soffia dall’Atlantico.”

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Pubblicato per la prima volta nel 1957, Diario D’Irlanda risulta tutt’altro che un romanzo fuori tempo. Attuale più che mai, dipinge con pennellate fedeli la fragilità di questo paese.

Tra le pagine si coglie una grande ammirazione per questa fetta d’Europa. Una terra disgraziata, malinconica, dove spesso la gente ha fatto a botte con la vita.

Sì, ma una terra profondamente folle. Come la sua gente:

“…non ti pare che tutti gli irlandesi siano mezzi pazzi?”

DIARIO D’IRLANDA – MONDADORI – 2017

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