Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante ed ombre altrettanto tenaci.
Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie, Diastema, e la raccolta di poesie Estate. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee.
Stati di Desiderio, che abbiamo letto, amato e recensito, è il suo primo romanzo, pubblicato con D editore.
Marilena il tuo Stati di Desiderio come nasce, da quale esigenza narrativa?
L’esigenza narrativa che ha dato inizio al romanzo è stata proprio il desiderio.
Ogni volta che inizio a scrivere sono i personaggi che mi raccontano il modo in cui vogliono essere narrati. Io devo mettermi in ascolto.
Non è sempre facile. È faticoso. A volte devi mettere a tacere la tua voce personale per metterti a servizio della storia. Però è bellissimo. Quando riesci a tradurre il cuore in parole è una sensazione impagabile. Per rispondere più compiutamente alla domanda posso dirti che è stata Daniella a cercarmi.
All’inizio era un racconto, che è stato pubblicato nella raccolta di racconti “la ragazza di miele e altre storie”. Poi ho capito che dovevo continuare ma credimi era la storia che mi veniva incontro, con le sue asperità, la sua ansia di essere scritta.
In ultima analisi se mi chiedi perché scrivo ti rispondo per tenere sotto controllo i demoni. Li imprigiono nella pagina e speriamo che basti.
Raccontaci come mai hai scelto una protagonista adolescente e chi è Daniella, che posto ha nel mondo e in te.
Spesso i protagonisti delle mie storie, anche dei racconti, sono adolescenti, perché credo che quello che impariamo da ragazzi ci forma per sempre. L’intensità di scoprire le cose a quell’età è un miracolo.
Mi azzardo a dire che il modo in cui viviamo l’assoluto a 16 anni dovrebbe, con qualche piccola modifica, non lasciarci mai.
Daniella è una persona che risale la corrente al contrario, che è sempre troppo lontana dai suoi coetanei per amarli o troppo vicina per criticarli.
Il posto che lei ha nel mondo dipende anche dai lettori, che spero l’ameranno quanto me, e anche di più. Ci sono cose di lei che mi somigliano, tipo la sua rabbia sempre sul punto esplodere, la sua acutezza nell’osservare gli adulti, e la passione per la letteratura greca.
Ma soprattutto Daniella mi somiglia nel mio voler essere sempre me stessa, nel non voler accettare le comodità né fisiche, né emotive.
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Il fattore “dono”, il complesso e affascinante potere sovrannaturale che Daniella ha ereditato dal padre e che li lega indissolubilmente, tu che sei l’autrice, che senso gli dai?
È qualcosa di unico nel mondo dove vive Daniella, ma rappresenta la normalità nel mondo da cui proviene Dylan, il padre.
Penso che quello che volevo raccontare è una storia di desiderio e di segreti e il soprannaturale è il segreto per eccellenza, in questo senso Daniella mi ricorda com’ero a 16 anni, nel sentire il peso dell’unicità come una condanna.
A volte per il fatto che leggevo e scrivevo mi sentivo abbastanza diversa dai miei coetanei.
È qualcosa di unico ma anche un grande fardello da portare. Lo vorresti avere?
Decisamente no. Questo dono, come dice Capote in “Musica per camaleonti”, è anche una frusta.
Avere la possibilità di sentire le pieghe nascoste dei desideri oscuri degli altri è una cosa che mi interessa solo per la scrittura.
Il rapporto padre-figlia è un nodo centrale di tutta la storia in Stati di Desiderio, sembra nascere dalla volontà di raccontare proprio questa profonda relazione. È così? Quale è stato il rapporto con il tuo di padre?
Si, è così. È un aspetto importante il legame tra Daniella e Dylan, così come lo era il mio con mio padre, che purtroppo, è mancato l’anno scorso.
Avevamo un rapporto feroce, io sentivo sempre il bisogno di lottare quasi per sfuggire al suo senso di possesso, e affermare la mia unicità, la mia indipendenza da un tipo di amore, a volte, soffocante.
Ho scritto una volta che il mio amore per mio padre è un morso di cane feroce che non trova pace fino a quando non ha distrutto la sua preda. L’assenza fisica non cambia l’intensità, almeno per me.
A proposito di pelle, come ho scritto nella mia recensione, ho trovato il tuo libro epidermico, viscerale, che riesce a far sentire sulla propria i turbamenti emotivi, repentini anche, dell’adolescente Daniella. Come hai iniziato a scrivere nella vita, che percorso hai fatto?
Ho cominciato a scrivere da ragazzina, tenevo il classico diario però erano avvenimenti in stile racconto, per quanto non avessero una struttura narrativa in senso stretto.
Poi le poesie, poi ho scritto qualche racconto pubblicato sui giornalini locali di Caserta, dove ho trascorso l’adolescenza e la prima giovinezza.
Poi anni di studio matto e disperatissimo per costruirmi un futuro in cui non avevo tempo emotivo per scrivere. Ho ricominciato da adulta, mi sono concessa la libertà di capire che la scrittura è il mio posto nel mondo.
Ho pubblicato 3 libri di racconti e uno di poesie prima di Stati di desiderio, e nel frattempo ho conosciuto la Scuola di scrittura Omero, e poi ho proseguito con quella di Paolo Restuccia, Genius.
Se non altro ho affinato lo stile, avvicinandomi a scrivere libri che voglio leggere.
In Stati di desiderio è molto presente la questione “rapporti umani”, in tutto il libro ci sono rapporti di dipendenza affettiva. Come mai?
Mi rifaccio a molti rapporti che vedo attorno a me.
Spesso le persone stanno insieme per combattere la solitudine o per un senso di stabilità sociale o perché semplicemente sviluppano un bisogno quasi patologico verso qualcun altro.
Per esempio, Mauro e la moglie, nel loro stare insieme realizzano un bisogno, lui sfugge allo spettro dei debiti e lei può sfoggiare un marito, ma non direi che tra loro ci sia amore, però forse se lui non avesse iniziato la storia con Daniella sarebbe rimasto nella comodità di quel matrimonio.
Direi che incontrare qualcosa di toccante cambia la tua prospettiva di vita.
Però bisogna avere coraggio per uscire fuori dalla dipendenza affettiva. A volte, come Auden, mi viene da urlare “la verità vi prego sull’amore”. Daniella si rende conto di quanto sia profondamente ingannatorio il bisogno costante di essere in coppia o in gruppo e svelandone l’ipocrisia non può che, con la capacità giudicante che hanno i ragazzini, condannarla, anche e soprattutto se si tratta della propria madre.
Lei è una che porta il vessillo della sua orgogliosa solitudine come un trofeo. In questo è molto più simile al padre, che è manipolativo e bugiardo, ma è sicuramente più autentico nel suo voler sfuggire a ruoli che lo imprigionano.
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C’è qualcosa di Stati di desiderio che oggi modificheresti?
Ci ho pensato spesso, a volte quando rileggi cose tue pensi, ah però magari questo passaggio potevo scriverlo meglio, eppure davvero, anche a distanza di anni no, non modificherei niente di sostanziale di Stati di desiderio.
Daniella per me è parte della mia famiglia interiore, non è meno reale delle persone che hanno corpi che si possono toccare.
Che lettrice sei?
Una lettrice onnivora, seriale, a volte pure compulsiva.
Un periodo leggevo pure per strada (non a Roma) mentre camminavo. Se mi immergo dentro una storia e questa mi fa risuonare delle corde di riconoscimento e affinità sospendo il mondo finché non l’ho finita, e poi mi dispiace pure perché mi sento orfana di quel libro e per farmi passare la malinconia ne devo cominciare subito un altro.
Un libro che è stato per te importante nella vita e uno che non sei riuscita a finire?
Underworld di Don DeLillo, che ogni tanto rileggo, e l’Ulisse di Joyce. Però quando ho cominciato l’Ulisse ero troppo giovane. Voglio riprovarci, sennò mi rimane il senso di incompiuto.
Se fossi un libro saresti?
Vorrei essere Cent’anni di solitudine di Garcia Marquez.
Ho letto questo libro a 16 anni e già solo il titolo mi piaceva da impazzire. Ogni riga mi portava al centro di cose che conoscevo ma che non sapevo di conoscere e che scoprivo solo dopo aver sentito quelle parole trafiggermi l’anima.
In più io ho una famiglia con 27 primi cugini, e quel chiasso colorato descritto da Marquez dove nessuno è libero somiglia al mondo del sud dal quale provengo.
Progetti futuri?
Sto scrivendo un distopico queer, ambientato in un mondo futuro con risorse energetiche in mano a chi ha il potere e ci sono esseri umani nati in provetta che, se vogliono, possono cambiare sesso.
Il desiderio di tutti è quello di mangiare, sono sempre affamati, soprattutto di cibi dolci, che sono riservati a chi se li può permettere. Anche se in ultima analisi i protagonisti vogliono essere amati.
C’è ferocia e sopraffazione, l’umanità a volte al suo peggio, ma c’è anche qualche piccola forma di salvezza. Per ora si chiama Anno della fame ma credo che il titolo resterà questo.
Marilena grazie mille del tempo che ci hai dedicato e al prossimo libro.
STATI DI DESIDERIO – D EDITORE – 2021
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