Il Grande Errore – Jonathan Lee


Il Grande Errore Recensioni

Il Grande Errore, una citazione:

“Perciò no, Green non credeva al totale abbandono del fato fra le braccia di Madre Natura. Apprezzava, semmai, una storia umana adeguata e ben strutturata.”

Il Grande Errore è una storia romanzata che ripercorre la vita di un grande americano, attraverso la lente della sua morte.

Venerdì 13 novembre 1903. Davanti a un palazzo di Park Avenue, un uomo in bombetta spara a un vecchio signore che sta rientrando in casa, uccidendolo sul colpo.

La vittima è Andrew Haswell Green, l’urbanista che nella seconda metà dell’Ottocento ha cambiato il volto di New York, creando preziosi spazi pubblici come il polmone verde di Central Park, il Metropolitan Museum e il Museo di Storia Naturale, la grande biblioteca pubblica, lo Zoo del Bronx.

È al genio di Green che dobbiamo la nascita della Greater New York. Altro che Grande Errore, come venne definito il progetto dai suoi detrattori, nel 1898.

Nelle pagine di questo elegante e avvincente romanzo storico viene tratteggiata la figura di questo uomo austero e idealista, tenace e riservato, costretto a vivere in maniera clandestina la propria omosessualità, profondamente solo.

Il Grande Errore ripercorre lo strano caso del suo assassinio. Uno scambio di persona? Un malinteso? O, forse, solo l’epilogo non scontato di una vita che nulla aveva avuto di ordinario?

Il ritratto di un «maschio bianco» meno convenzionale di quanto ci si aspetti, uno strano giallo da risolvere, una dichiarazione d’amore per New York, un’attualissima riflessione sull’importanza della progettazione democratica delle città.

Il Grande Errore ha una ricchezza e un’ambizione che confermano il talento di Jonathan Lee, elogiato dalla critica su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Jonathan Lee, classe 1981, è inglese di nascita ma vive a New York dove, dopo aver diretto la casa editrice indipendente Catapult, è ora direttore editoriale di Bloomsbury. È autore di quattro romanzi, sinora l’unico tradotto in italiano era “Il tuffo”.

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Ne Il Grande Errore vi sono gli echi di “Un uomo solo” di Isherwood, l’unghia che gratta i bubboni di un mondo patinato di Edith Wharton, il racconto di un’America che ricorda l’epica di Steinbeck, i respiri della grande narrazione di Faulkner.

È come se Lee avesse distillato più di un secolo di letteratura americana in un solo romanzo. Un’opera dall’intelligenza e dallo stile straordinari.

Nel libro i registri tra individuale e collettivo, tra privato e pubblico si alternano continuamente, nel tentativo di rendere la personalità del protagonista e degli altri personaggi alla luce dello spirito del tempo.

Larger than life. Così si definirebbe oggi un uomo come Andrew Haswell Green.

Un individuo dai mille volti e dal carattere schivo, forgiato in una famiglia non agiata e con l’ambizione di occupare un ruolo importante nella città che gli aveva garantito un tetto e tutta la sua fortuna.

“New York era come Dio. L’entusiasmo lo dovevi mettere tu.”

Il Grande Errore ci restituisce una New York ancora lontana dagli sfavillii di oggi. Una illusione ancora acerba, un transito o destino finale per tutti gli uomini e le donne che arrivavano in America da ogni parte del mondo alla ricerca di lavoro, fortuna, opportunità.

Le città mutano continuamente, come le persone.

Ma le città restano, gli uomini no.

Restano parchi, ponti, grandi costruzioni. Resta l’Arte.

L’unica forma di immortalità a portata dell’uomo.

IL GRANDE ERRORE – BIG SUR – 2021

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