Contagiati – Intervista Andrea Mauri


Intervista Vanni Santoni
Andrea Mauri Contagiati

Dopo aver letto e recensito Contagiati, della Ensemble edizioni, ho cercato di capire come ad Andrea Mauri sia passato per la mente di scrivere un libro su un virus planetario, molto prima del Covid-19.

Ed ecco l’intervista che ne è scaturita!

Come e quando sono nati i racconti contenuti nel tuo libro Contagiati?

I racconti sono nati con l’idea di sondare gli effetti di un virus non meglio identificato sulla vita e sulle relazioni degli esseri umani.

Un esperimento pensato, leggendo di varie epidemie sparse per il mondo. Sono partito con un racconto singolo per capire che forma avrebbe preso questo esperimento. A un certo punto mi sono accorto che una sola storia non bastava a raccontare le molteplici sfaccettature legate al contagio e quindi ho scritto altri racconti sul tema.

Tutto è iniziato nel 2017 a varie riprese.

Mi sono interrotto più volte per lavorare ad altri progetti e poi tornavo a scrivere le storie di contagio. Così fino al 2019, anno di pubblicazione del libro.

Come mai hai scelto questa tematica che fino a poco tempo fa non sembrava accomunare tutti, almeno non quanto lo faccia oggi?

Diciamo per una sana ossessione per le malattie.

Sana perché non ancora sfociata in ipocondria. Nel futuro chissà. Ossessione e interesse per i meccanismi che muovono virus, batteri e altri microrganismi con i quali conviviamo quotidianamente senza accorgercene.

Mi sono chiesto in che modo questo sottobosco organico influenzi le nostre vite, forse addirittura arrivi  a condizionarle. Con i racconti ho provato a immedesimarmi in una situazione nuova, mai sperimentata prima.

La pubblicazione di Contagiati ha preceduto di poco la diffusione mondiale del virus Covid-19.  Alla luce dei fatti, è stato un bene o un male per il libro secondo te?

Partirei da questo punto. Nell’ultima presentazione del libro di febbraio scorso, prima del lockdown, parlavamo della città cinese di Wuhan senza sapere ancora che a breve sarebbe toccato anche a noi.

Raccontavo dell’emozione provata ad ascoltare i richiami da una finestra all’ altra di chi non voleva perdere un contatto umano anche se costretto a casa, ed era un’emozione condivisa.

Durante l’isolamento invece ho rinunciato ad alcune proposte di presentazione del libro perché non sapevo come raccontarlo, come descrivere le emozioni dei personaggi che paradossalmente erano le stesse che stavamo provando, ma troppo speculari per essere narrate con distacco.

Il rischio era quello di urtare la sensibilità dei lettori in una fase nuova e delicata della vita.

Ora che sappiamo quello che abbiamo vissuto e restando immersi in una strana precarietà, altre storie seppur create dall’immaginazione, possono aiutarci a riflettere su questa pandemia.

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Come ti sei documentato, da cosa hai attinto per la narrazione della malattia?

Ho iniziato a leggere svariati articoli scientifici sulla diffusione dell’epidemia di Ebola. E poi reportage dai luoghi di quell’epidemia per capire che cosa stava accadendo alla popolazione, come reagivano città e villaggi, quali erano i problemi principali e come venivano affrontati.

Mi interessava soprattutto l’impatto dell’epidemia sulla vita sociale della comunità.

Una parte importante del tuo libro racconta la quarantena, come hai vissuto la tua e cosa ne pensi di ciò che stiamo vivendo?

Mi sono sentito congelato in una situazione assurda.

Da un po’ di tempo in tv non passavano altro che immagini di Wuhan deserta, privata della sua stessa essenza. Sembrava tutto così lontano e nel giro di poche settimane l’annullamento delle nostre città ha investito in pieno anche noi. Ero incredulo.

Stava accadendo quello che avevo immaginato nei racconti prima che una grande epidemia, questa volta conosciuta, ci precipitasse addosso.

Dopo il primo mese di blocco dei pensieri e delle emozioni, ho ripreso a prendere contatto con la nuova realtà, grazie al lavoro che non è mancato anche se da casa.

Poco a poco mi sono riavvicinato agli altri, anche se virtualmente, e ho superato la diffidenza verso questo tipo di contatti. Gli amici dallo schermo del pc mi hanno tenuto compagnia in giornate complicate. Mi ha turbato parecchio il silenzio notturno.

Vivo in una zona turistica di Roma, piena di locali. Affacciarmi alla finestra e percepire il vuoto mi spaventava. Mi ha ricordato certe notti trascorse a passeggiare per borghi sperduti  in campagna. Solo che in quel caso era una scelta; il silenzio notturno della città è stata un’imposizione.

Purtroppo mi sto rendendo conto che siamo tutti feriti da questa situazione grave che stiamo vivendo, il cui prolungarsi senza vederne la fine aggraverà il nostro equilibrio psichico, oltre a creare nuove sacche di povertà.

Cosa è il virus per te, cosa ci infetta oggi (al netto del Covid ovviamente)?

Il virus contemporaneo e pericolosissimo è quel maleficio che ci trasforma in un branco di pecore pronto a idolatrare il primo sconosciuto che fa la voce grossa.

Mi preoccupa molto l’abdicazione dilagante al pensiero critico autonomo. Spesso facciamo nostre delle riflessioni altrui solo perché arrivano da imbonitori di folle contagiate da facile credulità.

Nessuno si accorge di essere manipolato.

O non vuole accorgersene. Preferisce auto-alimentare la propria esaltazione. Ho provato a raccontare questo fenomeno in una delle storie contenute nel libro. Qui c’è la figura di una sopravvissuta che viene creduta una santona capace di rendere immortale l’uomo solo perché guarita dal virus. Una folla scatenata la circonda. Tutti credono al miracolo e nessuno si autorizza a dubitare.

Cosa pensi invece del Covid-19?

Ho letto svariate riflessioni sulla pandemia di autorevoli esperti, anche vincitori del premio Nobel.

Dicono che questa del Covid-19 è solo la prima di una serie di pandemie alle quali dovremo abituarci. Il Covid-19 ha dimostrato come il salto del virus dall’animale all’uomo sia facile. Credo che in parte sia anche causato dall’ecosistema stravolto.

È giunto il momento di studiare cause ed effetti di comportamenti che sembrano lontani, ma che abbiamo capito che ormai ci riguardano molto da vicino.

Un libro che per te è stato importante e uno che non sei riuscito a portare a termine?

Importante, importantissimo: L’isola di Arturo di Elsa Morante. Quello che non sono riuscito a finire: Eugenie Grandet di Balzac.

Se fossi un libro saresti?

Camere separate di Pier Vittorio Tondelli.

Progetti per il futuro?

Con due università di Roma, La Sapienza e Tor Vergata, stiamo lavorando a un progetto narrativo sul chemsex. Per chemsex si intendono gli incontri sessuali tra maschi gay dove viene fatto uso di droghe.

È un fenomeno di cui si parla poco, perché chi li frequenta di solito è reticente, in quanto il chemsex implica un discorso sulle tossicodipendenze e sulle malattie sessualmente trasmissibili. Abbiamo trovato dei testimoni anonimi che ci hanno raccontato la loro esperienza.

Dalle interviste sono nati dei racconti, che abbiamo raccolto in un libro, insieme a note esplicative sul fenomeno.

Speriamo che esca con l’anno nuovo, Covid permettendo.

CONTAGIATI – ENSEMBLE – 2019

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