L’Avventuriero di Gianni Dubbini Venier – Recensione


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L’Avventuriero, una citazione:

“Essendo io di poca età e desiderando grandemente di vedere il mondo, poiché i miei genitori non me lo volevano concedere, mi risolsi di partire in qualunque modo che fosse. Perciò sapendo che stava per far vela una tartana, benché non sapessi in qual parte fosse diretta, fattomi animo vi entrai.”

Venezia, novembre 1653.

Nicolò Manucci sale a bordo di un veliero pronto a salpare e si nasconde tra i sacchi delle provviste. Il vascello lascia a poppa le luci notturne di Palazzo Ducale. Destinazione: l’ignoto.

Nel Seicento, Venezia rimaneva, assieme a Lisbona, Amsterdam e Londra, una delle principali porte europee verso le sconfinate terre dell’Asia.

Da lì partivano mercanti, ambasciatori, consoli, cartografi, navigatori e spie.

Nicolò Manucci non era però nessuno di questi. Aveva quattordici anni, era di umili origini ed era appena scappato di casa.

A bordo di quella nave il ragazzo venne reclutato da un aristocratico inglese con un braccio solo: Lord Bellomont.

L’antesignano agente segreto di Sua Maestà britannica stava svolgendo una delicata missione diplomatica alla corte di Persia.

Una volta approdati nel porto ottomano di Smirne, la destinazione dei due avventurieri sarebbe diventata Isfahan, la capitale dell’impero safavide.

Isfahan all’epoca veniva soprannominata in persiano «nisf-i-jahan»: «la metà del mondo».

Per arrivare nella «la metà del mondo» Manucci e Lord Bellomont avrebbero dovuto attraversare in carovana la Turchia, l’Armenia e gli sconfinati altopiani desertici dell’Iran.

Tre secoli dopo, tra l’estate del 2015 e l’inverno del 2016, l’autore si è messo sulle tracce di Manucci insieme alla fotografa Angelica Kaufmann dopo aver ricostruito le sue avventure negli archivi di mezza Europa.

Il viaggio procede da Venezia a Smirne fino allo stretto di Hormuz, oltre cinquemila chilometri via terra, un lungo e impervio tragitto attraverso le frontiere militarizzate delle più instabili regioni del pianeta.

L’Avventuriero è allo stesso tempo un reportage e una ricerca storica, ma anche un viaggio di formazione, attraverso le geografie culturali più complesse e affascinanti della nostra contemporaneità.

Gianni Dubbini Venier, storico veneziano, è specializzato in Archeologia della Via della Seta e in Storia dell’Arte dell’Asia Meridionale alla School of Oriental and African Studies, University of London. È autore di numerose pubblicazioni accademiche in italiano e inglese e ha curato mostre fotografiche a Milano e Venezia sul viaggio di Manucci.

La domanda «Chi era Nicolò Manucci?» diede inizio a questo viaggio tra gli itinerari perduti dell’Asia. Era il punto di partenza. Non avevo la minima idea di quale sarebbe stato il punto d’arrivo.

Dubbini Venier si rivela sia ricercatore puntiglioso che intraprendente viaggiatore on the road. Ma anche scrittore brillante e dalla prosa educata, che con L’Avventuriero ci regala un esordio letterario notevole.

Un libro che, sulle orme di Chatwin, si nutre dei parallelismi tra la situazione geo-politica attuale dei paesi attraversati e i resoconti del giramondo veneziano.

Una storia che ci restituisce la vita mirabolante di Niccolò Manucci, un Marco Polo dimenticato.

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