Cristiano Carriero, dopo la recensione di Linkedin ci concede un’intervista per ampliare gli argomenti trattati nel libro.
Com’è nata l’idea del libro, Linkedin?
Di libri su Linkedin ce ne sono diversi, ma la maggior parte analizza il punto di vista HR, mentre io volevo renderlo un libro su un social network.
E come tale ho trattato Linkedin, perché di fatto è un social a tutti gli effetti senza distinzioni tra B2B e B2C. È un social professionale che unisce persone, passioni, talenti, competenze e mercato. Quindi un luogo prima di tutti di relazioni.
Quanto ci è voluto per reperire tutte le informazioni utili alla stesura del libro?
Per fortuna le mie ricerche iniziamo sempre molto prima. Di solito mi appunto tutto quello che può essere utile alla stesura di un libro mentre lavoro. Ecco, forse è questa la mia fortuna: lavorare. Se fossi solo un cultore della materia ci metterei più tempo. Invece ogni giorno mi ritrovo sul campo, a pensare a progetti che migliorino la comunicazione dei clienti. Scrivere libri è spesso una conseguenza.
Credi che sia un libro per gli addetti ai lavori o anche per chi è alle prime armi?
Non sono molto gli addetti ai lavori, e quando parliamo di mestieri digitali, per quanto mi riguarda, non esistono “esperti”. La tua storia, Andrea, lo dice: non nasci come storyteller, ma forse ne sai molto di più di chi si professa tale. Questo è un libro per chiunque abbia voglia di utilizzare Linkedin come piattaforma di relazioni durature nel tempo: per migliorare la propria posizione lavorativa, per cercare clienti nuovi o più fedeli, per fare employer branding.
Quanto è utile Linkedin per trovare lavoro?
Più di un CV mandato a 150 persone. Perché Linkedin è “Inbound”, non è invasivo come una richiesta inviata a destra e a manca.
È la differenza tra chi “chiede un lavoro” e chi dimostra di saper risolvere un problema, prima o poi qualcuno che ha quel problema lo trovi. E sarà lui a chiamarti.
Ma per farlo devi farti notare, senza risultare invadente. È una questione di timing e bilanciamento. Questa cosa non la insegnano in tanti corsi.
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Credi che i social network possano rendere questo mondo migliore?
Sì, assolutamente.
Lo stanno già facendo mettendoci in contatto con tutti, abbattendo i gradi di separazione.
Ma è molto più comodo parlare dell’odio che hanno generato (le generazioni precedenti, senza social network), hanno combattuto due guerre mondiali o delle fake news. Personalmente non combatterò una battaglia per difendere i social, al massimo mi farò promotore di una consapevolezza nell’uso.
Quante volte al giorno ti colleghi su Linkedin? E sugli altri social network?
Una volta al giorno, una decina di minuti, non di più. Cerco di ritagliarmi lo spazio per commentare qualcosa che mi interessa davvero e per scrivere un post a settimana. Non c’è bisogno di diventare dei blogger, i recruiter guardano anche quello. Se passi troppo tempo sui social, forse non sei così impegnato.
Facebook lo suo quotidianamente perché un pensiero da condividere ce l’ho sempre, non è un grande sforzo, mentre con Instagram e le foto sono molto più pigro. Twitter lo amo, soprattutto per andare a verificare le fonti delle news.
Stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale, quali sono i nuovi possibili scenari lavorativi italiani?
Credo sia stato detto più volte che molti degli attuali lavori non esistevano 10 anni fa. Sarà sempre di più così. Ma questo non vuol dire che lavoreremo tutti da casa in modalità “remoto”, anzi noto che la fidelizzazione verso i gruppi di lavoro sta tornando. Ma sarà importantissimo la qualità dei rapporti. In un’epoca in cui non ci sono più gli orari, in cui la comunicazione è sempre più accessibile (per fortuna o purtroppo) e ci sono le spunte blu che ci dicono se abbiamo letto o no un messaggio, sarà sempre più fondamentale lavorare con persone con cui abbiamo piacere di lavorare. Da imprenditore lavoro molto su questo. Non posso pensare che un mio collaboratore guardi il mio nome sul telefono e pensi “Ti prego no!”, partirebbe già scoglionato. Non lo dice nessuno, ma credo nel 50% dei casi sia così.
Credi che al giorno d’oggi si possa lavorare ancora senza dimestichezza con smartphone, app e tutto quello che ne compete?
È dura. O sei posizionato molto in alto e puoi permetterti di decidere tu le regole del gioco (credo valga da Oliveiro Toscani in su), oppure è dura. Non dico che ci dobbiamo far prendere dalla frenesia, ma se devo collaborare con una persona con la quale è difficile comunicare, c’è qualcosa che non va.
Progetti futuri?
Per quest’anno niente libri, farò il curatore per Hoepli. Ma ho tanti progetti: La Content Academy, La Classe (un corso “lungo” su storycontent, social media e narrazione), la Holden a Torino. Insomma, non mi annoio!
LINKEDIN – HOEPLI – 2019
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