Quanto Tutto È Detto. Gioie, delusioni, confessioni. Emozioni.
Maurice Hannigan, 84 anni. Un uomo seduto al bancone di un pub. Il pub del Rainsford House Hotel, nella contea di Meath. Irlanda.
Da uno sgabello, da una birra stout, da un sorso. Da qui parte tutto, parte la vita di quest’uomo. Un uomo fragile, vero, fatto di carne ed ossa.
È un uomo consumato Maurice. Ha perso sua moglie Sadie da due anni. Logorato nell’anima, privato delle emozioni, derubato di quella scintilla che ti spinge più in là. Forse non ha più senso proseguire quando manca l’altra metà. Ci si sente vuoti, ci si sente prigionieri di quell’incolmabile. Ci sente tremendamente soli.
Ha avuto una vita intensa il vecchio irlandese. Un percorso vissuto con veemenza, con passione. L’adolescenza turbolenta, difficile negli anni della seconda guerra mondiale. La scuola che non decolla e che lascia il posto al lavoro sui campi. Poi qualcosa che lo segnerà per sempre: prestare servizio per la famiglia Dollard.
Sopraffazioni, umiliazioni e violenze. Il piccolo Maurice viene mortificato soprattutto dal figlio del padrone, Thomas. E quella cicatrice in viso che lo segnerà. In tutti i sensi.
Ma la vendetta è dietro l’angolo. La moneta, quella moneta rubata che segnerà la sua vita, quella della sua famiglia e dell’intera stirpe dei Dollard.
I Dollard, difficile liberarsi di quest’incubo. Prima odiati, poi quasi compatiti, poi aiutati a salvare l’hotel di famiglia: “E poi è arrivato lei, col suo cavallo bianco. Buffo, non crede? Poteva finalmente liberarsi dei Dollard, e invece si è assicurato che restassero.”
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Maurice racconta la sua vita, la ripercorre tutta. Riavvolge il nastro raccontandosi immaginariamente a Kevin, suo figlio. E lo fa a modo suo, da questo bancone: “Ora sono pronto per iniziare il primo dei cinque brindisi: cinque brindisi, cinque persone, cinque ricordi.”
Il primo brindisi è per Tony. La stout è per Tony. La birra scura, vera eccellenza irlandese, è per il fratellone più grande, scomparso troppo presto. Un punto di riferimento per Maurice, colui che face camminare a testa alta il piccolo “Grande Uomo”: “Andiamo, Grande Uomo. Troveremo una soluzione, okay? Io e te. Io e te contro il mondo, no?”
Per il secondo brindisi fa compagnia il Bushmills, whiskey molto “irlandese”. Questa è la volta di Molly. La bimba tanto voluta da Maurice e Sadie. Molly vissuta pochi attimi, il tempo necessario per non lasciare mai più il cuore di mamma e papà. Un fantasma del passato, un angelo del presente: “Ero fuori per una passeggiata nei campi. Lei mi venne accanto, poi corse per superarmi. Credo avesse dodici anni, non di più. Questa è una delle caratteristiche delle sue visite: non so mai quanti anni potrebbe avere…”
Ancora una stout per Maurice. Questa volta è per Noreen. La sorella di Sadie, la zia di Kevin. Una quotidianità difficile per questa donna. I disturbi psichici evidenti, un comportamento impossibile da gestire. La casa di cura e quell’amore viscerale nei confronti del cognato. Un legame che fornisce a Maurice le chiavi per entrare nelle grazie della famiglia di Sadie.
Il quarto brindisi è per Kevin. Cavolo, Kevin. Per lui c’è il Jefferson’s, un bourbon. Un whiskey speciale, un regalo dell’adorato figlio al buon vecchio Hannigan. Maurice il burbero, lo schivo, il cinico. Il padre che si sente mostruosamente in colpa perché incapace di mostrare l’amore provato. Il padre che ora apre letteralmente le porte del suo cuore a Kevin: “Ho bevuto il tuo Jefferson, stanotte. È una bellezza. Ho sollevato il bicchiere in tuo onore. Ho fatto un brindisi anche per tua madre e zia No-no e la piccola Molly e tuo zio Tony.”
L’ultimo per Sadie. Non perché abbia meno importanza, tutt’altro. Il meglio si lascia sempre alla fine. Il whiskey Midleton non sbaglia, ti regala quel brivido lungo la schiena che consente di sentirti vivo. Sadie era tutto, era la sua ragione di vita. Era vita.
Appunto. Era quella vita che ora vola via.
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La mente ricorda e dimentica. Perdona e condanna. Maurice lo sa. E lo sa Emily, la bella ragazza dai capelli biondi che gestisce ora l’hotel che una volta fu sede delle sofferenze di Maurice. Emily è qualcosa di speciale, è la Molly in carne ed ossa.
Quando Tutto È Detto è poesia allo stato puro. È un capolavoro di emotività, è un pugno allo stomaco per chi legge. Ma quel pugno che ti segna, che fa riflettere sull’esistenza di ognuno di noi.
Un grande applauso all’autrice Anne Griffin. La scrittrice di Dublino confeziona una meraviglia, un’opera d’arte. Appassionante, sincero, commovente, leale. È quel romanzo che ti porti dietro per sempre, è quel ricordo che ti insegue ma che non ti importuna.
In una parola: intenso. Come il suo protagonista.
Maurice. Semplicemente un uomo.
“Ho una notizia per te: peggiorerà man mano che invecchierai. È come se ci scavassimo un tunnel sempre più a fondo nella nostra solitudine. Per risolverci i problemi da soli. Uomini che siedono soli nei bar, ripercorrendo mille volte le stesse strade nelle loro teste.”
QUANDO TUTTO È DETTO – EDIZIONI ATLANTIDE – 2020
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