Recensione di La Veglia – Anne Enright

Recensione di La Veglia – Anne Enright

La Veglia. Il sapore del dolore, del tormento. Della sofferenza.

La sofferenza fisica e interiore di Veronica Hegarty. Qualcosa difficile da far uscire fuori, un macigno che sovrasta. Dilania.

Veronica è irlandese, ha una bella famiglia. Almeno così pare. Tom, il maritino devoto alla causa famigliare. Poi le due bellissime bambine, cuore di mamma e papà.

Appunto, la famiglia. Quella Hegarty è numerosa, una rappresentanza troppo nutrita. Ci sono fratelli e sorelle ovunque, c’è gente ovunque. Ci sono dodici figli usciti uno dopo l’altro, uno diverso dall’altro: “Nessuno di noi è normale. Non che gli Hegarty non sappiano cosa vogliono, è solo che non sanno come volerlo. Qualcosa nella loro capacità di volere è andata disastrosamente storta.”

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Ma qualcosa sconvolge Veronica e la sua esistenza: Liam, uno dei suoi fratelli muore in Inghilterra. Suicida.

Liam, il fratello prediletto. Quello che ti è vicino durante il periodo dell’infanzia, il fedele compagno di avventure e disavventure della fase adolescenziale: “Tra me e Liam c’erano undici mesi. Siamo usciti a ruota, uno dopo l’altro: veloci come un’ammucchiata, veloci come un tradimento.”

Ma anche quello sfortunato, irresponsabile, scapestrato. Forse addirittura da evitare. Il ragazzo irlandese era un alcolizzato, il tipo dalla bottiglia facile. Il classico individuo del “se l’è cercata”.

Veronica parte da Dublino direzione perfida Albione. Organizzare l’ultimo saluto a Liam non è così facile perché i ricordi dilaniano, i pensieri consumano e le ferite si riaprono.

Ha inizio il flusso di pensieri, il dramma esistenziale. Lo tsunami esistenziale.

Dalla scomparsa del fratello, lei non è più la stessa. La tormenta ogni aspetto della sua esistenza. L’amore verso le figlie prende un significato diverso, il rapporto con il marito comincia ufficialmente a scricchiolare. Ad essere in discussione.

La mente torna indietro. Alla nonna Ada, al padre violento e alla mamma, ora vista quasi come una martire da commiserare: “Il passato non è un posto allegro. E il dolore che suscita appartiene più a lei che a me. Chi sono io per appropriarmene? La mia povera madre ha fatto dodici figli. Non riusciva a smettere di partorire futuro. “

I traumi del passato fanno capolino. Incalzano Ms. Hegarty fino a condurla ad una verità scomoda. L’alcool non è il solo responsabile della triste fine del fratellino prediletto. C’è altro, purtroppo:

“Adesso so che l’espressione negli occhi di Liam era l’espressione di quando sai di essere solo. Perché il mondo non saprà mai cosa ti è successo, e cosa ti porti addosso per conseguenza.”

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La Veglia è qualcosa di forte. È un romanzo a tratti ostico ma decisamente profondo, capace di toccare le giuste corde del lettore. Le corde dell’emozionalità, delle passioni e dei sentimenti più puri.

La scrittrice irlandese, la dublinese Anne Enright, propone una scrittura impegnativa, a volte crudele ma decisamente autentica.

Il lettore è pronto così a tuffarsi in questo turbinio di inquietudini ricercando i propri scheletri dell’armadio e riflettendo sulla complessità del futuro.

Sì, ma quale futuro?

“Il bello di venire su come capita è che la colpa non è di nessuno: siamo totalmente ruspanti. Siamo esseri umani allo stato brado. Alcuni sopravvivono meglio di altri, tutto qua.”

LA VEGLIA – LA NAVE DI TESEO – 2022

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