Recensione di Diario Persiano – Anna Vanzan

Recensione di Diario Persiano – Anna Vanzan

Diario Persiano, una citazione:

“I film iraniani che riscuotono successo ai festival di Venezia, Cannes, Edimburgo, Berlino non sono altrettanto amati in patria, e non per motivi di censura governativa. L’Iran poeticamente rurale ma arretrato di Kiarostami e i poveracci che si agitano nella megalopoli spietata di Makhmalbaf provocano l’irritazione di molti iraniani che non si riconoscono in quell’Iran marginale e marginalizzato … ”

Diario Persiano racconta di un paese di stupefacente bellezza in cui, ad onta di preconcetti, una popolazione gentile pulsa di gioventù e di voglia di vivere.

L’Iran è una terra di grandi contrasti e raramente chi vi si avvicina non ne rimane affascinato e conquistato.

l volo dell’Austrian Airlines si abbassa verso Teheran mentre la voce della hostess ricorda alle passeggere di coprirsi il capo in osservanza alle regole della Repubblica islamica.

Una ragazza iraniana si sistema il foulard intorno al viso sussurrando: Detesto tutto ciò….

Si apre così il diario di viaggio di un’orientalista da anni innamorata dell’Iran e della sua cultura.

Se guardiamo oltre l’immagine stereotipata di un paese che vuole le donne sempre strette nel loro nero chador, l’Iran ci appare tutt’altro che chiuso e reazionario.

La società, che nel pubblico finge sottomissione al regime, nel privato conduce una vita assai libera, tra feste, divertimenti notturni e una certa disinvoltura sessuale.

Visitiamolo allora, nelle sue contraddizioni quotidiane, incontrando persone che ci sveleranno una realtà multiforme e straordinaria, inaspettatamente vicina ma ancora sfuggente allo sguardo occidentale.

Tehran è una vera e propria città stato che rappresenta tanto le antinomie dell’Iran contemporaneo quanto i suoi lati migliori, soprattutto in campo culturale e sociale.

Ad immagine e somiglianza della capitale, la società iraniana è varia e composita.

Innanzitutto, è necessario operare dei distinguo di classe sociale, di generazione e di genere.

Troppo spesso i resoconti giornalistici tendono a esaminare solo quel segmento di società con il quale noi occidentali ci troviamo maggiormente a nostro agio.

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Questo sguardo guercio ha creato una cospicua letteratura che dipinge l’Iran come terra di “dissidenti” in contrasto con il loro regime politico e che praticano varie forme di resistenza.

Certo è vero che una grossa fetta della società iraniana è istruita, cosmopolita e consapevole di quanto accade nel mondo. Ed è nettamente contraria alla guida politica del Paese.

In questa classe sociale intergenerazionale – che comprende sia i giovani nati nel dopo Rivoluzione sia generazioni precedenti – vi sono uomini e donne che rigettano la strumentalizzazione della religione da parte del regime.

Altri ritengono che la religione sia solo un fatto personale e non vada strumentalizzata né tantomeno usata per dirigere una nazione.

Vi sono poi gruppi sociali che non si identificano come vittime di uno stato oppressivo.

In particolare, vi sono strati di popolazione che si riconoscono ancora nel messaggio rivoluzionario e che non solo non cercano sostanziali modifiche dello status quo.

Anzi guardano con sospetto qualsiasi tentativo di cambiamento come una possibile abiura della Rivoluzione Islamica.

A questo segmento appartengono, fra gli altri, i pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione. Essi erano un tempo incaricati solo di proteggere la “islamicità” della società, ora divenuti una vera e propria potenza economica che gestisce i gangli della finanza iraniana.

Anna Vanzan, iranista e islamologa, insegna Cultura araba nell’Università Statale di Milano.

Con Diario Persiano ci dona una lettura densa e disincantata, un viaggio tra il vecchio e il nuovo, senza soluzione di continuità.

Uno sguardo su un paese straordinario, sfaccettato e ricco di contraddizioni.

Ma quale paese, d’altro canto, non ne ha?

DIARIO PERSIANO – IL MULINO – 2017

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