Sandro Veronesi ha scritto Il Colibrì (eh, già) e ci ha vinto il Premio Strega 2020, cosa che in altri momenti mi avrebbe spinto a non leggerlo… a “delegarlo” in quanto libro che leggeranno tutti e di cui molti parleranno.
Non c’è bisogno lo faccia anche io, con tutto quello che viene pubblicato, posso leggere e parlare di altro!
Poi è accaduto che, da più persone che conosco e tutte di cui mi fido, siano arrivati casualmente, alla spicciolata, commenti positivi e solleciti a leggerlo.
Quindi mi sono decisa ad affrontare Il Premio Strega dell’anno, scevra dai pregiudizi (sempre stupidi).
A questo punto semplicemente curiosa.
Il Colibrì inizia introducendomi e accalappiandomi con la descrizione di un quartiere di Roma che ben conosco e presentandomi Daniele Carradori, in funzione di Marco Carrera, il protagonista.
Carradori è lo psicanalista della moglie di Carrera e sarà per me, durante l’intero libro, il personaggio chiave!
In Il Colibrì Marco Carrera è un’oculista con figlia e moglie, da cui presto si separa. Situazione complicata e dolorosa per motivi e modalità.
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Marco ha una donna che ama da sempre e per sempre, un rapporto complicato con il fratello, una sorella, genitori che seguirà fino all’ultimo respiro, gioca d’azzardo e dovrà crescere Miraijin. L’uomo del futuro, ovvero sua nipote.
Da piccolo era bellissimo ma molto minuto, con grande preoccupazione della madre, e questo gli ha donato il soprannome di Colibrì.
Il Colibrì è quell’esserino minuscolo e bellissimo che impiega la sua vita e le proprie energie per sbattere le ali e restare immobile a suggere i fiori.
E Marco Carrera è davvero un Colibrì, perché nonostante tutto resta sempre in volo.
La vita, con amore, morte, immense gioie, tradimenti, delusioni, equilibri e cedimenti, gli gira intorno e lui sbatte veloce le ali per restare lì a costruire se stesso, il suo passato e lasciare un nuovo futuro al mondo.
Il libro si sviluppa ed entriamo nella storia attraverso diverse cose, dalle mail, alle lettere, gli sms, le telefonate… e a livello temporale si fa su e giù, ma non ci si perde mai.
Marco vive in un modo che a volte a me, durante la lettura, ha dato i nervi.
Mi veniva di afferrargli le spalle e scrollarlo, suggerirgli di fare qualcosa in più, a volte anche gridare, dare di matto o un semplice passetto verso qualcosa.
Questo libro è la sua storia e più passa il tempo più ne percepisco nitida la concentrazione, la carica di vita di cui è intriso.
Durante la lettura e la sua conoscenza ho imparato che lui vive così, semplicemente diversamente da me, e nel momento in cui l’ho accettato gli ho voluto un gran bene, e l’ho capito. Davvero.
E di me ho anche capito che la prossima volta che non faccio qualcosa per mero pregiudizio mi devo dare una botta in testa da sola.
Suggestivo il capitolo “L’uomo nuovo (2016-29)“.
IL COLIBRÌ – LA NAVE DI TESEO – 2019
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