Recensione di Maledetto Baudelaire! – Jean Teulé

Recensione di Maledetto Baudelaire! – Jean Teulé

Maledetto Baudelaire!, una citazione:

“Sotto il soffitto celeste del locale, punteggiato di stelle argentate, dentro un colletto troppo largo, il suo collo magro assomiglia a uno stelo con in cima una testa, un fiore speciale che svapora come un incensiere in sospiri ripetuti.”

Maledetto Baudelaire! è la biografia romanzata del poeta dell’oro e dell’eccesso.

Per Lombroso, il suo ritratto mostrava talmente «il tipo del megalomane» che chiunque «l’avrebbe indovinato pazzo».

Per Gottfried Benn, era un tossicodipendente che attestava con certezza che il genio non è salute, ma malattia, frutto di «tutto ciò che tende a incompatibilità, squilibrio, imbastardimento».

Su Charles Baudelaire esiste una vasta letteratura che attinge al legame indissolubile tra genio e follia, tra degenerazione della vita personale e purezza dell’arte.

Nessuno, però, prima di Jean Teulé ha dedicato a Baudelaire un romanzo in cui la sua breve vita – morì a quarantasei anni – non è altro che un continuo oltraggio al fatto stesso di essere al mondo.

Ogni vita condotta all’insegna dell’oltraggio, si sa, deve essere stata a sua volta oltraggiata.

Jean Teulé, romanziere di Saint-Lô, indica l’infanzia come scena dell’insanabile ferita inferta al piccolo Charles. Da chi?

Naturalmente da Caroline Archimbaut-Dufays, la madre le cui carezze inebriano il bambino e che, dopo la morte del padre, il vecchio François Baudelaire, osa gettarsi nelle braccia di un bell’ufficiale di trentanove anni anziché nelle sue.

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È la brusca apparizione dell’anormale, il dolore che accompagnerà il gracile Charles per il resto dei suoi giorni.

Caroline ha permesso che un intruso prendesse il suo posto. Caroline è una donna. Che cosa rimane allora se non oltraggiare tutte le donne?

Ecco allora il dandy «preferire le donne vili, sporche, mostruose» come Sarah la Strabica, «orribile immonda prostituta», l’inferno in cui immergersi con violenza. Ecco la gigantessa esotica, Jeanne Duval, il suo sole nero, con cui sperimentare la crudeltà dei sensi, l’esplosione nelle tenebre.

Che cosa resta poi se non oltraggiare sé stessi e sperperare in un battibaleno metà dei centomila franchi d’oro lasciatigli dal padre, ingoiare milleseicento gocce di laudano al giorno anziché le sette prescrittegli dal medico per curare la sifilide, andarsene in giro per Parigi con i capelli verdi dritti in cima alla testa, una pecora rosa al guinzaglio e un boa di piume di struzzo fucsia al collo?

E, infine, morire «sfinito dalla fatica, dalla noia e dalla fame in una vita di miseria» dopo aver usato e abusato di tutto.

Teulé ci racconta Baudelaire attraverso i suoi versi, immaginando l’origine di alcune delle liriche più famose de I Fiori del Male. Ci mostra come il poeta componesse in maniera totalmente estemporanea, anche durante una passeggiata o un diverbio.

Il genio del poeta sta proprio nella capacità di osservare la realtà e trasformarla di volta in volta in una visione, grottesca si, ma pura.

Come Baudelaire si è immerso nel fango per trovare le vette della sua poesia, così Jean Teulé si immerge nelle tenebre della vita del grande poeta per mostrare come i suoi versi, così perfetti e disperatamente moderni, siano inconcepibili senza i demoni che li hanno generati.

Forse si prende qualche licenza di troppo, ma Maledetto Baudelaire! si rivela un azzardo riuscito.

MALEDETTO BAUDELAIRE! – NERI POZZA – 2022

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