Febbre Bianca, una citazione:
“Pregavo soltanto di non rimanere in panne di notte in piena taiga e di non incappare nei banditi. Alla prima di queste disgrazie ero preparato, alla seconda: no. Probabilmente ero l’unico matto che viaggiava non armato, e oltretutto in solitaria, attraverso quello spaventoso oceano di terraferma.”
Partire da Mosca nel cuore dell’inverno, dalla Russia Bianca attraversare gli Urali sino ad arrivare nella sterminata Siberia, una delle terre più inospitali del mondo, a bordo di una vettura malconcia, pronto se necessario a dormire in macchina nel mezzo del nulla, adottando vari stratagemmi per non morire congelato.
Questa è Febbre Bianca, reportage in cui il giornalista polacco Jacek Hugo-Bader ci svela l’anima segreta di Matuška Rossija, ovvero Madre Russia, ciò che sta oltre le luci di Mosca e San Pietroburgo.
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Il titolo Febbre Bianca infatti evoca non solo il freddo ma anche un’altra una piaga, quella dell’alcolismo, principale causa di morte in Russia.
Il reporter della Gazeta Wyborcza – il più importante quotidiano polacco – si mette quindi in viaggio per svariati mesi su una Lazik, la “jeep sovietica”, un modello antiquato ma robusto grazie al quale i russi arrivano praticamente ovunque.
Prima si ferma a Mosca, dove racconta le vite degli hippies moscoviti, dei superstiti dei vecchi manicomi e dei rapper delle case popolari retaggio dei giorni sovietici.
Qui riceve consigli su come affrontare il viaggio: “La regola numero uno è non fidarsi di nessuno. Non parlare con la gente incontrata per strada e meno che mai bere vodka insieme. Non andare in giro di notte, non fermarsi nei paraggi dei bazar e non prendere in affitto camere dalle donne che sostano davanti alle stazioni” gli dice Pit, icona dei punk e della scena no global di Mosca “In Russia la gente è selvaggia, molto aggressiva. Se la macchina resta un panne in mezzo al nulla, e la notte incombe, bisogna tuffarsi nella foresta. Una volta lì, piantare una tenda”.
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Anche se è inverno, perché sono meglio i lupi dei banditi che tendono agguati sulle “strade” che attraversano la taiga sconfinata.
In Febbre Bianca ci sono tante piccole storie – alla stregua dei libri di un altro grande polacco, Ryszard Kapuscinski – tanti tasselli che compongono il ritratto di un Paese intero: dalla tragedia taciuta della droga e della diffusione dell’AIDS, all’intervista di Mikhail, l’inventore del famigerato Kalashnikov, a Vissarion, “colui che dona la vita” attorno a cui si raccoglie una comunità di seguaci che non bevono, non fumano, e lo credono il nuovo Messia.
Conosciamo gli sciamani della regione di Tuva come Anisja Otsur, che “odora di fumo e di animali ed è capace di leggere il destino dalla scapola di montone che getta nel fuoco”, e gli allevatori di renne della remota regione dell’Amur, sino ad arrivare a Vladivostok, estremo lembo orientale di Russia.
Munito soltanto di spirito di adattamento e curiosità nel comprendere la natura umana, in una sorta di personale Odissea Hugo-Bader scopre la marginalità, ma anche il forte spirito dei “figli di un dio minore” della Russia moderna.
Come “In Patagonia” di Chatwin, forse è proprio dove ci sono degli spazi immensi che è possibile ascoltare storie che nessuno altrimenti racconterebbe mai.
Senza alibi o pregiudizi. Perché nel bianco nitore della neve, nulla è mai come appare.
FEBBRE BIANCA – KELLER EDITORE – 2017
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