Recensione di La Ragazza Con La Leica – Helena Janeczek


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La Ragazza Con La Leica, una citazione:

“Gerda era e restava leggera, in tutti i sensi, anche in quelli traslati meno lusinghieri. L’inganno della
leggerezza nasceva dall’incanto che emanava, dal paradosso di una grazie inflessibile, dall’apparenza che
fosse un dono, a volte un limite, e non l’esito di uno sforzo di volontà o di un costante lavoro interiore.”

Chi è stata Gerda Taro? “Fuoco fluido in movimento”, direbbe Bukowski leggendo la storia della sua vita.

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La prima donna reporter a morire sul lavoro, le cui spoglie vennero portate a Parigi, tumulate al Père Lachaise con gli onori dovuti ad un’eroina repubblicana e accompagnate da una folla sterminata.

Una antifascista militante e rivoluzionaria, che quando incontra a Parigi il fotografo ungherese André Friedmann se ne innamora, esercitando su di lui un’autorità da pigmalione e creandogli un alter ego.

Infatti, insieme danno vita al personaggio “Robert Capa” – un fantomatico celebre fotografo americano giunto a Parigi per lavorare in Europa – l’autore di alcune fra le più emozionanti fotografie di guerra del Novecento.

All’inizio il marchio “Capa-Taro” fu usato indistintamente da entrambi i fotografi. Successivamente, André Friedmann adottò lo pseudonimo Robert Capa soltanto per sé, fondando nel dopoguerra la celebre Magnum Photos.

Ma Gerda morì prima sui campi della Guerra Civile Spagnola schiacciata da un carro armato, il 26 luglio 1937. Di lì a pochi giorni avrebbe compiuto 27 anni.

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Era una cacciatrice di libertà, una determinata ragazza ebrea di Stoccarda, finita in carcere poiché attiva nel Partito Comunista tedesco e subito dopo riparata a Parigi, dove si mantiene come dattilografa – “La nostra Gerda suona la Remington come uno Steinway”- fino a quando, improvvisamente, si innamora anche della fotografia.

La Ragazza Con La Leica racconta di esuli – per convinzioni politiche, per fede religiosa, per irrequietezza o per l’insieme di tutte queste cose – e dell’essere esuli. E dell’essere amici, pur in fuga da ideologie totalitarie, convenzioni sociali e antisemitismo.

Helena Janeczek regala al lettore un’opera di fantasia, lirica ma ben ancorata al racconto di anni cruciali per l’Europa, e ci restituisce un mondo fatto di giovani impegnati, artisti e fotografi, «migranti intellettuali» nelle tempeste della storia novecentesca, episodi e ritratti color seppia ma coinvolgenti ed appassionanti. E tracima dal libro la personalità, e la fascinazione, che Gerda esercitava su chiunque la conoscesse.

Nella Spagna che tentò di resistere al franchismo siamo lì, con lei, una fotografa che aveva fiducia nella possibilità del riferire per immagini, perché la conoscenza non può evitare né il dolore né le morti, ma aiuta a scegliere da che parte stare e, soprattutto, cosa essere.

Ancora oggi la figura di Gerda Taro ci indica un modo di stare al mondo, ci regala lo sguardo su come osservare il quotidiano conservando entusiasmo e passione, ricerca e compassione. Ci insegna cosa vuol dire avere coraggio.

Robert Capa non si riprese mai più dalla sua prematura scomparsa. Da allora, anch’egli rischierà sempre la morte sul campo, incontrandola alla fine nel 1954 nella guerra di Indocina, calpestando una mina.

A Gerda, che trascorse un anno in Spagna. E lì rimase per sempre” fu la dedica che le riservò.

Non riesco a pensare a dedica più bella per una donna che non volle farsi dettare la vita dalle circostanze.

LA RAGAZZA CON LA LEICA – GUANDA – 2017

 

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