Tre Ciotole, ultimo lavoro di Michela Murgia, racchiude dodici racconti. Dodici spilli, direi, che si conficcano piano piano nel nostro cervello, nella nostra sfera d’attenzione.
“Rituali per un anno di crisi”, storie di vita quotidiana, che partono tutte da una necessità precisa dei suoi protagonisti uscire “dall’impasse”, dall’immobilismo. Venire a patti con l’infelicità. Venire a patti con quei momenti di rottura che presagiscono una fine. Una delle tante. Perché sono tutti consapevoli, i “condomini” di queste pagine, che ogni battuta di arresto non sarà né la prima né l’ultima. Che per salvarsi, per sopravvivere bisogna costruirsi un proprio personalissimo cerimoniale.
Vuoti a perdere, piccoli abissi di ogni giorno da guardare dai nostri nuovi recinti “salvanima”.
“Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.“
Ed eccola sfilare questa umanità intristita, incazzata, folle, persa, disarmata dai propri drammi. Impegnata con le soluzioni più creative per dismetterli.
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Troviamo personaggi in balia di amori finiti. Che ridefiniscono la propria vita accettando semplicemente verità inconfutabili.
«Per esempio che le cose che non possono essere nascoste non sono tre, ma quattro: uno starnuto, la bellezza, la povertà e il fatto che uno è una merda.»
O la storia di chi ha deciso di chiudere una relazione e che nonostante tutto non riesce a mettere via i ricordi. E deve ridefinire la mappa della città in cui vive, “ricalcolare ogni percorso” perché la memoria non lo spinga ad affondare nei fantasmi del passato.
«Era certo di averla lasciata perché non l’amava più, ma l’aveva comunque amata abbastanza da capire che i ricordi sono più persistenti delle persone. La memoria non l’amore era la vera trappola. C’erano posti in cui non andava solo perché lì si ricordava di esserla ricordata.»
In Tre Ciotole vengono raccontati: la durezza di una diagnosi, affrontata con l’ironia di una comunicazione surreale tra medico e paziente. La paura del contagio da Covid, la volontà di controllare qualcosa che ha quasi del soprannaturale. Il sapere o il dovere dire addio. La banalità di un gesto violento che è un lampo tra le pagine. Il tradimento amoroso rifugio di scelte sbagliate.
Racconti brevi che disarmano per sincerità. Per lo stile asciutto, efficace, vero. Perché solo una volta chiuso il libro ti rendi conto che, in ogni angolo di quelle parole, di quelle frasi ci siamo noi. Pronti a riprogrammare ogni tragitto affinché i nostri tormenti non viaggino poi così vicino…restino anche un po’ indietro, dai.
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TRE CIOTOLE – MONDADORI – 2023
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