Cose Che Non Voglio Sapere di Deborah Levy è un memoir essenziale, apparentemente semplice che in realtà ci consegna riflessioni potenti sull’esistenza. Sugli inizi, sulla fine, sul ricominciare, sui dubbi.
Sono spesso proprio le cose che non vogliamo sapere, i fatti che vogliamo cancellare, le persone che non vogliamo più avere nella nostra esistenza, a ricordarci chi siamo. Inducendoci a riprendere contatto con noi.
Così questa “autobiografia in movimento” il primo volume di una trilogia (in uscita gli altri due per la casa editrice NNeditore), ci racconta momenti di vita di una donna i cui interrogativi, le cui esitazioni sono comuni ma mai banali. Vissuto che diventa anche istanza politica.
In Cose Che Non Voglio Sapere la storia di Deborah Levy inizia con la sua fuga a Maiorca. Lei scrittrice, dall’Inghilterra trova riparo in questo angolo di silenzio, nell’intervallo del “fuori stagione”, quando il turismo è fermo, il clima ostile e il tempo sospeso diventa un alleato.
Si cerca scampo spesso da ferite dell’anima, apparentemente insanabili, alla ricerca di quelle risposte che non arrivano mai lineari, ma sempre incastonate nei ricordi del nostro passato.
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Sin dalle prime pagine intuiamo che la protagonista, la nostra io narrante si sta allontanando da un dolore. La Levy descrive il suo arrivo a Maiorca, che ci lascia intendere, non è la prima volta che l’accoglie. Qui trova alloggio in una pensione rustica, gestita da Maria una donna con la quale, nonostante l’assenza di dialoghi importanti, sembra intendersi fortemente.
«Maria era una delle poche donne di quel villaggio cattolico che non si era sposata né aveva avuto figli. Forse diffidava di quei rituali perché sapeva che alla fine l’avrebbero soltanto schiacciata. Comunque sia, era chiaro che le interessavano altre cose. Aveva progettato il sistema di irrigazione per l’agrumeto e, naturalmente, l’atmosfera di quella pensione frugale ma piacevolissima era opera sua.»
Ad una cena nell’unico ristorante aperto, l’incontro con un uomo del posto, il dialogare dopo momenti di solitaria accettazione, la portano a ricordare la sua infanzia, la sua adolescenza. La sua iniziazione all’autodeterminazione e alla scrittura.
In Cose Che Non Voglio Sapere ripercorriamo con lei gli anni di quando bambina viveva in Sud Africa, l’apartheid, l’arresto “del padre bianco che si batteva per i diritti dei neri”. In un paese che considerava ancora Mandela un terrorista. L’assenza che diventa presenza, una costante con cui confrontarsi. Seguono dei passaggi dolorosi, Il trasferimento in Inghilterra e la consapevolezza di voler diventare una scrittrice e di una nuova vita.
Con uno stile agile, vivo e coinvolgente emerge forte la volontà di dare voce alla propria identità di donna. Assumendosi delle responsabilità precise, non sussurrando ma scandendo le proprie parole al mondo. Tutto questo è un processo che parte da lontano, non facile e sempre in bilico.
«Avevo detto al negoziante cinese che per diventare scrittrice avevo dovuto imparare a interrompere, ad alzare la voce, a parlare un po’ più forte, e poi ancora più forte, e poi a parlare semplicemente con la mia voce, che non è affatto forte. La conversazione con lui mi aveva portato in luoghi che non avrei voluto rivedere. Non mi sarei mai aspettata di tornare in Africa mentre mi riparavo da una bufera di neve a Maiorca. Eppure, come aveva sottolineato lui, l’Africa era già tornata a me quando mi ero ritrovata a singhiozzare sulle scale mobili di Londra. Se credevo di non pensare al passato, il passato pensava a me»
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COSE CHE NON VOGLIO SAPERE – NN EDITORE – 2024
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