La Vita Senza I Figli di Roddy Doyle – Recensione

La Vita Senza I Figli di Roddy Doyle – Recensione

La Vita Senza I Figli. Un’esistenza impegnativa, una vita di libertà. Purché non ci sia altro di mezzo.

L’Irlanda non fa eccezione. Il virus non fa distinzione, non guarda proprio in faccia nessuno. Il virus studia, attacca, a volte vince. Troppe volte ha vinto.

L’epidemia da Covid-19 sta stroncando il mondo. Sta lavorato ai fianchi, in maniera subdola, non leale, fino a consumare l’ultima goccia di energia della povera gente. Gente di mondo, gente d’Irlanda.

L’Irlanda è spettrale, Dublino è spettrale. Tutti rintanati, tutti chiusi nelle proprie case, con le tv accese e i cervelli atrofizzati, quasi congelati. Questo maledetto virus fa così, stimola la paura, fagocita il timore del prossimo. In fondo ne rimarrà solo uno, magari senza mascherina: “Il lockdown ha strappato via l’imbottitura. Non ci sono orari, lavoro, viaggio di andata e ritorno. Niente che lo salvi”.

Nell’inevitabile reclusione dentro le mura domestiche si diventa presto vulnerabili, i rapporti interpersonali si possono infiammare in un attimo. Si espongono pericolosamente alla riflessione. Tutti sul piedistallo, tutti sulla torre pronti per essere buttati giù. Marito e moglie, moglie e marito. E i figli.

La Vita Senza I Figli, attraverso le sue storie, racconta proprio questo. Regala emozioni vere, offre un viaggio di sola andata verso l’isola dell’introspezione.

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In un’Irlanda terrorizzata ci sono padri spaesati ma finalmente capaci di mettere in discussione il proprio vissuto, di mettere in discussione loro stessi.

C’è Alan che si trova in Inghilterra, in esilio forzato. Ha il desiderio di lasciare la sua vita scontata e ripetitiva per cercarne una nuova. Senza vincoli, senza i perché che lo attanagliano: “Qui c’è libertà, a casa noia e terrore. Può salire verso la vita che non ha mai avuto o scendere verso la vita che non vuole.”

Poi Mick che compie un viaggio verso il passato, un flashback forzato ma significativo. Lui e quel viaggio con la moglie, lui e quella confessione a cuore aperto dove sé facile mettersi a nudo, dove confessare la propria adolescenza e dove smascherare le proprie debolezze.

C’è chi cerca il figlio. Lo cerca a Dublino, lo cerca tra i senzatetto, tra i disperati. Tra gli emarginati. Lui se n’è andato, così improvvisamente, senza nemmeno sbattere la porta. Nel lockdown è facile essere un fantasma in una città deserta, camminare disorientati alla ricerca di una meta. Di un figlio, di un tesoro smarrito: “Dopo che il figlio se ne andò per non tornare, fu allora che cominciò a pensare a tutto quello che avrebbe potuto fare diversamente, alle parole più gentili che avrebbe potuto dirgli.”

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La Vita Senza I Figli sorprende veramente. L’ultimo lavoro di Roddy Doyle può sembrare a prima vista un romanzo banale ma ci si ricrede ben presto. Lo scrittore irlandese con il suo inconfondibile stile denso di ironia e di piacevole leggerezza offre al lettore una scenografia contemporanea, profonda e pungente allo stesso tempo. Lo sfondo è la famiglia, lo sfondo siamo noi.

La Vita Senza I Figli è la prova e riprova della nostra esistenza, è la pura banalità delle nostre vite, è la paura di perdere gli affetti, è la gioia delle piccole cose, è raggiungere la felicità con quello che abbiamo.

È percepire la bellezza di quello che ci sta intorno.

Perché la vita è la moneta più preziosa di cui disponiamo.

“Mick sente bambini che non sapeva esistessero, sente uccelli che non ha mai visto, sente ruote di biciclette girare, persone parlare nella via accanto.”

LA VITA SENZA I FIGLI – GUANDA EDITORE – 2023

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